Che il verde non sia esattamente il colore preferito del terzo canale era cosa nota anche alle statue di bronzo, nonostante le sempre belle speranze della rete tradizionalmente più dotta del servizio pubblico. La Lega Nord non gradisce però il trattamento riservato ai rappresentanti della riscossa padana negli ultimi tempi e si rivolge all’Agcom portando con sé alcune cifre, a loro dire controprova di un atteggiamento ostile da parte della linea editoriale del Tg 3.
”I dati riportati mostrano inequivocabilmente la sistematica censura, da parte del Tg3, della Lega Nord e dei suoi esponenti che dal primo al 23 settembre compreso, quindi in un arco di oltre tre settimane, hanno avuto un solo minuto a video. In ben 31 delle 46 edizioni principali monitorate (14.20 e 19.00) la Lega Nord non è stata citata e i suoi esponenti non sono andati in onda né in video né in sonoro. Il Carroccio in questo lasso di tempo è stato citato 9 volte (10 se conteggiamo il riferimento al caso giudiziario che ha coinvolto l`ex tesoriere Belsito).”
Questi i numeri che il responsabile della comunicazione del partito, Davide Caparini, porta all’attenzione dell’autorità garante per l’equilibrio e il pluralismo dell’informazione. Da quando i Verdi eredi di Bossi hanno lasciato il governo non aderendo alla big coalition a sostegno del risanamento tecnico il vessillo della Lega e le acque sacre del Po’ sembrano essere uscite di scena dai titoli e dalle scalette di Bianca Berlinguer e compagni.
Bilancio che diventerebbe ancora più squilibrato per i seguaci dei superstiti degli scandali del Trota e company se si confermasse quest’ulteriore nota dell’uomo dei mass media del partito maroniano.
”Il segretario della Lega Nord Roberto Maroni è apparso in video con un sonoro una sola volta dal forum Ambrosetti di Cernobbio contro le 37 apparizioni di Bersani (su 46 edizioni), le 31 di Pier Ferdinando Casini e Berlusconi, le 16 di Beppe Grillo e Matteo Renzi, le 12 di Nicola Vendola, le 10 di Antonio Di Pietro. E` evidente lo squilibrio tra le posizioni di pensiero politico sia in termini di mancata presenza di esponenti riconducibili alla Lega Nord, sia nella redazione dei servizi, degli argomenti trattati, dei collegamenti con studi esterni e delle interviste trasmesse e delle presenze in studio”.
Non che dal quartiere generale si aspettino di raccattare nuovi elettori nel target rosso, non che il loro partito sia l’unica compagine a lamentare una scarsa considerazione e un monopolio da parte dei partiti già più rappresentativi che rischiano di continuare a fagocitare i piccoli anche grazie a questo predominio (basti pensare alle storiche e ripetute campagne dei Radicali Italiani), ma la richiesta di riconsiderare i numeri può essere fisiologica e legittima, specie in un momento così difficile per i padani a livello di consensi.
La tesi sottesa sembra mettere a fuoco una campagna solo negativa nei confronti dei leghisti, al centro dell’attenzione solo nei giorni dei brillanti e delle lauree da world record in Albania, senza invece puntare alla palingenesi di Bobo e dell’ala che cerca di ripartire dal consenso delle città più efficienti per conquistare di nuovo posizione nell’ennesima battaglia dei comuni della Lega delle regioni del Nord. Stavolta il Federico Barbarossa di turno è la Berlinguer.
1. matteo quaglia ha scritto:
26 settembre 2012 alle 13:13