Lega Nord



26
settembre

LA LEGA NORD DENUNCIA ALL’AGCOM LA ‘SISTEMATICA CENSURA’ DEL TG3

Lega Nord- Roberto Maroni

Che il verde non sia esattamente il colore preferito del terzo canale era cosa nota anche alle statue di bronzo, nonostante le sempre belle speranze della rete tradizionalmente più dotta del servizio pubblico. La Lega Nord non gradisce però il trattamento riservato ai rappresentanti della riscossa padana negli ultimi tempi e si rivolge all’Agcom portando con sé alcune cifre, a loro dire controprova di un atteggiamento ostile da parte della linea editoriale del Tg 3.

”I dati riportati mostrano inequivocabilmente la sistematica censura, da parte del Tg3, della Lega Nord e dei suoi esponenti che dal primo al 23 settembre compreso, quindi in un arco di oltre tre settimane, hanno avuto un solo minuto a video. In ben 31 delle 46 edizioni principali monitorate (14.20 e 19.00) la Lega Nord non è stata citata e i suoi esponenti non sono andati in onda né in video né in sonoro. Il Carroccio in questo lasso di tempo è stato citato 9 volte (10 se conteggiamo il riferimento al caso giudiziario che ha coinvolto l`ex tesoriere Belsito).”

Questi i numeri che il responsabile della comunicazione del partito, Davide Caparini, porta all’attenzione dell’autorità garante per l’equilibrio e il pluralismo dell’informazione. Da quando i Verdi eredi di Bossi hanno lasciato il governo non aderendo alla big coalition a sostegno del risanamento tecnico il vessillo della Lega e le acque sacre del Po’ sembrano essere uscite di scena dai titoli e dalle scalette di Bianca Berlinguer e compagni.

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2
ottobre

L’ULTIMA PAROLA: MAI PIU’ UN LEGHISTA DA PARAGONE. PAROLA DI UMBERTO BOSSI

Umberto Bossi e la guerra a L'ultima parola

L’ultima parola più che a Gianluigi Paragone stavolta spetta ad Umberto Bossi e per il talk show nato per fare da contraltare a Michele Santoro sono cavoli amari. Dal quartier generale della Lega Nord vento di guerra contro il conduttore de L’ultima parola, nonchè vicedirettore della seconda rete della tv di Stato. Il Senatur è stato chiaro, e un quotidiano amico come Il Giornale gli attribuisce questo monito:

Da Paragone non bisogna andarci, se qualcuno ci va è per farsi vedere, vuol dire che pensa a sé e non alla Lega.

A monte dell’improvviso cambiamento di rotta c’è il dietrofront di Paragone, d’ispirazione maroniana, che ha pubblicamente preso le distanze dalla recente politica della maggioranza, un esecutivo che naviga da mesi in acque sicuramente turbolente. Lui deluso dalla centralizzazione del partito che ha smarrito man mano la propria forza propulsiva contro i guai della politica italiana, loro delusi dalla sua disobbedienza e dal suo riversarsi nell’antipolitica generalizzando il malcontento.


29
luglio

IN ONDA, MARIO BORGHEZIO ALLA GOGNA: “L’HO FATTA FUORI DAL VASO MA NON MI DIMETTO”

Mario Borghezio

Fora dai ball per tre mesi. Il Consiglio federale della Lega Nord ha deciso di sospendere dal partito l’europarlamentare Mario Borghezio per le imbarazzanti dichiarazioni rilasciate sulla strage in Norvegia. Il corpulento esponente del Carroccio, in particolare, aveva definito condivisibili” le idee del terrorista Breivik, spiegando che ”è per colpa dell’invasione degli immigrati se poi sono sfociate nella violenza“. Parole che hanno scatenato una bufera politica e mediatica, di fronte alla quale il movimento di Bossi non ha potuto che prendere le distanze con il provvedimento odierno. Stasera Borghezio è stato ospite di una incandescente puntata di In Onda durante la quale l’onorevole ha (s)parlato soprattutto della sua sospensione.

Di fronte alla punizione infertagli dal Consiglio della Lega, l’esponente ‘celodurista’ ha detto a La7: “Obbedisco, come disse il famigerato Garibaldi. Ma obbedisco anche se la sanzione è totalmente ingiustificata nelle sue dimensioni“. Innanzi alle telecamere l’europarlamentare si è dimostrato pentito per i toni utilizzati nelle dichiarazioni incriminate, ma non per i loro contenuti. “Premesso che ritengo di non aver detto niente di censurabile dal punto di vista né penale, né morale, sicuramente dal punto di vista dell’opportunità e della comunicazione, ho comunicato molto male un’idea che ritengo giusta” ha affermato, richiamandosi al pericolo fondamentalista di cui parlò anche Oriana Fallaci.

Di fronte alle espressioni quasi sbalordite di Luca Telese e Luisella Costamagna, conduttori di In Onda, Borghezio ha ribadito che su quelle idee la base leghista è con lui, “basta registrare Radio Padania e sentirete voi stessi…“. Il dibattito si accende quando Nunzia De Girolamo (Pdl) e Marco Rizzo (Sinistra Popolare) esprimono il loro disappunto sferrando un attacco incrociato che ha quasi il sapore di un involontario ed improvvisato compromesso storico in diretta tv. La deputata di centrodestra ha definito giusto” il provvedimento contro l’europarlamentare, mentre Rizzo ha parlato di “teatrino” in riferimento a certi slogan propagandistici utilizzati dalla Lega. In quel momento Borghezio avverte di essere stato messo alla gogna dall’eco mediatica delle sue stesse affermazioni e ammette: “forse l’ho fatta fuori dal vaso ma ho chiesto scusa“.





24
dicembre

LE STORIE – DIARIO ITALIANO: CORRADO AUGIAS ATTACCA LA LEGA

Corrado Augias

Intellettuale senza peli sulla lingua, oggi più che mai nell’oasi protetta Rai3 Corrado Augias, nella puntata appena conclusa di Le storie: diario italiano dedicata alla questione dell’identità nazionale, proprio nella preparazione alla celebrazione del centocinquantesimo anniversario, non ha risparmiato varie frecciatine ai ceti dirigenti della Lega, ai quali ha consigliato vivamente di leggere di più e di fare meno polemiche sterili, attaccando il loro stereotipo della tv di Stato come entità romacentrica, luogo dove oggi le cravatte verdi hanno ruoli di alta responsabilità.

Con il conforto dello storico Ernesto Galli Della Loggia, noto ai più per essere una delle penne del Corriere della Sera, Augias si è avvalso di piccole chicche storiche delle teche Rai e della filmografia nazionale (non a caso quello spaccato fenomenale del Belpaese a firma Monicelli che risponde al nome de I nuovi mostri) per rispondere con garbo e velata ironia alle argomentazioni del manifesto sciovinista che negli anni il Carroccio avrebbe diffuso qua e là. Convinto sostenitore della televisione di servizio pubblico il saggio conduttore ha cercato di controbattere alla disputa virtuale con testimonianze storiche, e un filo di polemica culturale sempre sospeso tra le righe.

Una mezz’oretta che scorre nel bel mezzo di un’intertestualità pregevole e ricca di possibili riflessioni: dal maestro Manzi e la necessità di una lingua unitaria per la modernizzazione di uno Stato (per nulla casuale l’accenno alla questione, mai sopita, del rapporto tra dialetto e istruzione), agli accenni storici, fortemente mirati, alla nascita della Rai in Piemonte e ai benefici che i contadini veneti hanno avuto dalla solidarietà nazionale unitaria, loro che erano i ‘terroni’ dell’impero austro-ungarico (sic dixit Augias).


17
novembre

MARONI VS SAVIANO: E’ GIUSTO CHE IL MINISTRO DELL’INTERNO REPLICHI A VIENI VIA CON ME?

Roberto Maroni

Faremo per alzata di mano o apriremo direttamente il televoto. In un modo o nell’altro dovremo stabilire se Vieni via con me sia un programma di intrattenimento oppure un spazio televisivo contaminato dalla politica. Quale dei due? La distinzione è imprescindibile se vogliamo interpretare con serietà il confronto a distanza che ieri ha coinvolto il ministro dell’Interno Roberto Maroni e lo scrittore Roberto Saviano. Nella puntata di lunedì scorso l’autore di Gomorra aveva denunciato le infiltrazioni criminali nel nord Italia (niente di nuovo) e accusato la Lega di interloquire con la mafia. Parole che hanno fatto infuriare il ministro Maroni, il quale ha chiesto al Presidente di Vigilanza Rai e ai presidenti delle Camere di poter replicare nel programma di Fabio Fazio a quelle affermazioni ritenute “totalmente prive di fondamento, offensive e diffamatorie“.

Di fronte alla reazione del capo del Viminale lo scrittore e anchorman di Vieni via con me si è detto stupito e allarmato: ”non capisco di quali infamie parli. Temo che abbia visto un’altra trasmissione, io ho raccontato solo fatti“. A far la voce grossa contro Maroni ci ha pensato il capo struttura di Raitre Loris Mazzetti: “Se si è sentito offeso ci quereli. Non credo ci sarà la possibilità di replicare nel nostro programma culturale” ha sentenziato. In serata, però, il direttore della terza rete Paolo Ruffini ha allentato la tensione offrendo al Ministro dell’Interno la possibilità di “rilasciare una dichiarazione scritta o filmata di rettifica o replica a quanto affermato” assicurando che questa troverà posto all’ interno della prossima puntata.

E’ giusto che Maroni replichi a Saviano o no? Al domandone si risponde solo stabilendo una volta per tutte a che genere televisivo appartiene Vieni via con me. Infatti, nel caso lo si consideri un programma di intrattenimento e cultura (come sostiene Mazzetti) è naturale che la presenza di un ministro sia a dir poco fuori luogo, non prevista. Se invece dovessimo assumere che nel programma di Fazio si parla anche di politica allora sarebbe giusto che ad una voce se ne aggiungesse un’altra di contraddittorio. E’ la regola base della “tv libera”, in caso contrario saremmo di fronte a un cosiddetto “bavaglio”





4
novembre

FESTIVAL DI SANREMO 2011: FA DISCUTERE LA CELEBRAZIONE DELL’UNITA’ D’ITALIA. RIDIMENSIONATO MA NON TROPPO IL PESO DEL TELEVOTO.

Sanremo 2011, i protagonisti

E’ un Festival di Sanremo ricco di novità, quello presentato ieri dal direttore artistico Gianmarco Mazzi e dal conduttore Gianni Morandi. A cominciare dall’organizzazione della terza puntata, come spiegato dal direttore artistico: “dedicheremo la serata del 17 febbraio ai 150 anni dell’Unità d’Italia con canti commemorativi della storia italiana. Nella serata del giovedi, infatti, i “big” saranno chiamati ad eseguire, oltre al brano inedito, uno tra i pìu significativi canti della storia della canzone tricolore. Una celebrazione che porterà sul palcoscenico dell’Ariston canzoni come “Bella Ciao” e “Giovinezza”, quest’ultima passata alla storia come inno del Ventennio ma che nacque come canzone della ‘goliardia’ toscana nei primi del ‘900.

Una scelta dei brani rischiosa “il [cui] significato – specifica Mazzi - è artistico e non politico aggiungendo che “se vogliamo cantare canzoni della nostra storia non dobbiamo aver paura di cosa rappresentano ma dobbiamo tener conto dell’importanza artistica che hanno avuto e che hanno”. Le ragioni del direttore artistico non sono state ben accolte, però, dalla Lega Nord che si è subito scagliata contro la serata definendo le canzoni in questione rappresentative di valori non condivisibili e da Oliviero Diliberto che minaccia di presentare un esposto alla Procura della Repubblica per valutare se non ci siano gli estremi di reato di apologia del fascismo nel cantare Giovinezza.

Per la prima volta dunque nella storia del Festival sanremese i 14 cantanti della sezione “artisti” saranno in gara con due brani. “Quelle dei big saranno delle vere e proprie performance con acconciature e costumi dell’epoca. A fine serata  il pubblico decreterà il vincitore di questa serata-evento” ha dichiarato Mazzi. “Questa votazione - spiega Morandi - potrebbe influenzare il risultato finale del Festival e non escludiamo che questi brani possano essere raccolti in un cd commemorativo”. Un’altra novità importante riguarda il sistema del televoto, che lo scorso anno creò grande malcontento (impossibile dimenticare il lancio dello spartito da parte dell’orchesta in segno di disapprovazione). Due saranno i sistemi principali di votazione: da una parte la giuria demoscopica, che nelle prime due serate deciderà la graduatoria dei 10 cantanti che accederanno alla quarta serata, dall’altro la giuria tecnica della Sanremo Festival Orchestra, composta dai musicisti e dagli artisti del coro, “accompagnata” dal televoto del pubblico.