Ora che le fiaccole dell’Isola dei Famosi sono spente, ora che le stupende albe e i suggestivi tramonti non illumineranno più le sere del nostro meccanico tubo catodico, restano le lanterne de L’isola che non c’è, canzone leggendaria che lo staff della Mona usa quasi come rito apotropaico per convincere la Rai a non mettere la parola fine a questo romanzo complesso, sperimentale ed esistenziale. La profezia sarafannica ‘’Bisogna dire basta quando ce n’è ancora’’ resterà solo un parto della rara follia di Eleonora Brigliadori, un monito che rimarrà inascoltato?
Vince Giorgia Palmas battendo la concorrenza di Thyago Alves: la kitsch cintura del trionfo è tutta per lei, quasi la ‘versione femminile’ del semplice Andrea Cocco. Due facce della stessa medaglia, il messaggio del garbo. Sembra il canto del cigno della tv degli eccessi, come se il pubblico usasse gli arrampicatori di popolarità per divertirsi e poi scegliesse la difficile normalità. La palma del varietà spetta però alla signora della luce Brigliadori, oracolo di verità e di spettacolo. Il suo lungo monologo alla ricerca della pietra filosofale della saggezza isolana diventa televisivo solo perché a pronunciarlo è una donna che ci è e ci fa alla grande. Spazia dalle schiere dei troni e dei cherubini alle ferite della sua esistenza da figlia di ‘crumiro’ del Sessantotto con una ricchezza interiore bella proprio in quanto stravagante. Finché lo scandalo dei contenuti prevale su quello della forma la televisione è salva.
A chi dice che è stata più che mai l’isola del capitano Simona Ventura non possiamo che dare ragione. I rigori inaspettati di primavera se prendono in contropiede la produzione non scoraggiano la temeraria Mona che con una sfilettata glamour trasforma il vizio in virtù. Mojito e chupito per tutti, mentine-viagra per la Pariettona (che dice di rifarsi al Premier) e allegria! Fulmini e saette per gli autori come se piovesse: le patate bollenti della diretta SuperSimo le dirotta sulle mani dei suoi collaboratori senza colpo ferire. Fattacci loro se s’intasano le linee del telefono fisso e se il ritornello del televoto viene biascicato malamente. Bastone e carota anche per il battagliero inviato Daniele: nonostante le lodi per la sua precisione, il figlio di Pooh non si è risparmiato il grido di Parac… al suo indirizzo.
Medaglia di bronzo ai Pappalardo, solo quarto posto per Roberta Allegretti. Come il Telemaco di Ulisse, Laerte raccoglie le orme del padre che nel frattempo sgranocchia noccioline ‘infartandosi’ davanti allo schermo. Una delle immagini più belle di questa finale sono i rivoli che sgorgano dagli occhi ormai non più iracondi di Pappa junior appena guarda alla sua isola e pensa al figlio Leon. In barba a chi fa di tutta l’erba un fascio quando si parla del rapporto tra valori, sentimenti e televisione è giusto precisare che la linea di tendenza di questo reality non ha quasi mai ridotto le emozioni a parodie di se stesse. Saranno stati gli stenti ma la fratellanza tra i quattro finalisti è sembrata veramente genuina.
All’isola ”tutto è così magico” che il gesto dell’ombrello diventa la quarta leva, che la trans tema con molta ironia il trance. Accade persino che una rossa cadillac, che nell’immaginario è legata al macho basettone, per una sera assuma ironicamente i tratti di un lucertolone da commedia all’italiana sospinto dal volante di un non troppo sorridente traghettatore d’anime (stavolta vincenti però). Ma l’abracadabra più riuscito è quella sorta di involontario sfottò alla sceneggiatura del Gf: un’improbabile esclusiva di un flirt tra Mogol e l’Annina di Kilian.
Il gusto della narrazione anche nella serata dei bilanci ha prevalso sulla facile tentazione della fiction, il bonario ammiccamento a qualche sana punta di trash è stato gradevole e verosimile: doppi sensi gustosi, frecciatine incrociate belle friccicorine ma mai volgari. Pane al pane e vino al vino più che mai, coraggio di non nascondersi nonostante l’aria di pace da finale, grinta e graffio insostituibili da buon varietà e da bel reality. Non ci resta che l’isola…sempre che le troppe licenze della Ventura rimangano compatibili con l’identità di rete.
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1. Miki81 ha scritto:
27 aprile 2011 alle 08:21