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Le falle della divisione per generi Rai

Possiamo dire che la tanto agognata “riforma”, votata all’unanimità nell’ottobre 2021, è un fallimento o, se non lo è, è quanto meno inefficace.

Mattia Buonocore

di Mattia Buonocore

09/01/2024 - 15:40

Le falle della divisione per generi Rai

Il sorpasso storico di Mediaset, seppur con tutte le attenuanti del caso, qualcosa deve dirci. La mole di flop, per lo più concentrati su Rai2, qualcosa deve dirci. I dietrofront sulla programmazione pure. Le ragioni sono molteplici e non sempre semplici da individuare ma, partendo dalle fondamenta, un problema evidente c’è: la divisione per generi. Possiamo dire che la tanto agognata “riforma”, votata all’unanimità nell’ottobre 2021, è un fallimento o, se non lo è, è quanto meno inefficace. Sin dall’inizio nutrivamo perplessità sulla nuova organizzazione: in tempi di cataloghi infiniti, il palinsesto, con l’annessa identità di rete, rappresenta uno dei punti distintivi più importanti della tv tradizionale. Sfuggire da tale logica, parlando di generi, significava omologarsi trascurando la propria natura ontologica. Come se non bastasse, nella stessa riforma, convivevano divisioni per generi, per fasce orarie e per modalità distributive. Diventa pertanto impossibile dare identità a Rai2 se questa deve nascere dall’incrocio di dieci direzioni.

Tuttavia non era da escludere che l’organizzazione potesse “fare anche cose buone”. Ecco, se ci sono state, non ce ne siamo accorti (speriamo, ad esempio, che ne sia valsa la pena a livello economico). L’organizzazione per generi avrebbe potuto evitare le sovrapposizioni di target tra le reti Rai. Ebbene nulla è cambiato; da un lato giusto così (ci sono sempre sembrate balzane in passato le idee di chiudere I Fatti Vostri per dare respiro a Rai1), dall’altro la nuova struttura avrebbe dovuto incentivare tali sforzi per quanto riguarda almeno le novità. In compenso abbiamo avuto un moltiplicarsi di programmi con gli stessi temi (vedi il confronto generazionale).

Non è stato nemmeno attivato il circolo virtuoso che prevede la sperimentazione di programmi e personaggi nuovi su reti minori prima di fare il grande salto (fa eccezione il rapporto RaiPlay-Rai2 legato da ragioni più economiche che di sinergie di contenuti). L’impressione, poi, è che si sia finito per accentrare il potere nelle mani dei “super vertici”.

Dubitiamo pure ci sia stato davvero un cambio di mentalità per cui si parte dal contenuto e poi si decide la collocazione ottimale.

Anche a livello comunicativo, c’è stato il caos. Perchè se può avere un senso, seppur con i limiti di cui sopra, un’organizzazione per generi, quello che non ha un senso è fare una comunicazione al pubblico per generi. Il paradosso è alla presentazione dei palinsesti quando le brochure seguono i generi e non le reti cosicché diventa un’impresa avere un quadro chiaro e completo di cosa andrà in onda.

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