Belli i tempi in cui i comici strappavano sorrisi all’Ariston. Tempi lontani, che sembrano quasi irraggiungibili per questo Festival di Sanremo targato Conti. Giovedì toccherà a Luca & Paolo, ma per ora il bilancio è negativo. Dopo Alessandro Siani, ecco Angelo Pintus che, se possibile, fa addirittura peggio del collega napoletano.
Stavolta niente battute su ragazzini over-size, ma un determinante abbaglio nella valutazione del pubblico festivaliero. “I vostri figli sanno chi sono, ma per voi sono come Violetta”, esordisce lui, conscio dei rischi a cui va incontro. Si inizia con l’imitazione di Pizzul, seguita da quella di Ibrahimovic. La platea non raccoglie e, di conseguenza, non applaude.
Segue l’avvio di un lungo monologo sul passato scolastico, sulle difficoltà ad imparare il greco e il latino e sui cugini francesi, che al bar non ti servono la colazione se stenti nel pronunciare bene la parola “brioche”. La chiusura è tutta dedicata alle recenti vicende parigine. Eppure l’omelia non decolla, restando ad altezza di pura demagogia.
“Quello che è successo in Francia è pazzesco, potrebbe accadere qua, i francesi nostri fratelli. Vorresti dire tante cose, sei arrabbiato ma non puoi fare niente”.
Va un po’ meglio (ma nemmeno troppo) nel finale, quando evoca Antonio Conte e il “gatto” poggiato sulla sua testa: “Gli farai l’intervista coi croccantini?”, domanda scherzosamente a Conti. Errore non analizzare il target di riferimento. Distrazione imperdonabile, rischio evitabile qualora si fosse trattato di esperimento volontario.
Pintus è obiettivamente se stesso: si mantiene sul livello dei testi del suo show “50 sfumature di Pintus”, capace di riempire – di giovani – i teatri di tutta Italia. Decisamente inadatti per la kermesse canora.
1. anto93 ha scritto:
12 febbraio 2015 alle 12:04