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Alla ricerca di Nemo
di Marco Leardi
24/02/2017 - 11:37

Ma che è successo a Nemo? Lo scorso ottobre, dopo la puntata d’esordio del programma, avevamo espresso un certo compiacimento: finalmente una novità, scrivemmo, apprezzando il tentativo di aggiornare il racconto televisivo d’attualità. Stavolta, invece, ci tocca frenare ogni entusiasmo. Quella trasmessa ieri sera su Rai2, infatti, è stata una trasmissione ben diversa dall’ambizioso esperimento proposto nell’autunno scorso.
Dopo i deludenti ascolti del primo ciclo di puntate, Nemo è tornato in onda con il lifting e con l’obiettivo di acchiappare pubblico. Legittimo e persino ovvio. Ma il maquillage si è rivelato più invasivo del dovuto: così, il programma ha in parte perso quell’originalità e quell’anticonformismo che l’avevano reso degno d’interesse, cedendo il passo ad una deriva ideologica che di innovativo ha ben poco.
Gli stessi conduttori Enrico Lucci e Valentina Petrini, che si erano fatti apprezzare per il loro stile spontaneo e a tratti imperfetto, ieri sono apparsi molto più legati a precise scelte di copione. L’ex Iena stavolta non ha morso come suo solito (l’annunciata candidatura a segretario Pd si è risolta con una gag poco incisiva), pur mantenendo uno stile vivace. La giornalista tarantina, invece, non ha celato una certa faziosità in merito ai temi della puntata da lei introdotti o approfonditi.
“Qui a Nemo non prendiamo posizioni” ha precisato la Petrini a margine di un servizio crudo e ben fatto sulla maternità surrogata, salvo poi proporre argomentazioni ed interrogativi piuttosto orientati a difendere tale pratica. Ma stavolta, come anticipavamo, a ricevere una certa impronta politica è stata l’intera trasmissione, che in scaletta aveva pure un’inchiesta sull’ultra destra europea e un’altra sulle comunità evangeliche a sostegno di Trump. In entrambi i casi non era difficile intuire la tesi di fondo.
Novità di quest’anno, la presenza in studio di due opinionisti interpellati sui temi della serata. Ieri è toccato a Pierluigi Battista e Morgan, che si è pure esibito al piano. Quella di introdurre momenti di confronto è stata un’idea interessante e astuta (due ospiti validi posso svoltarti la serata, se li hai) anche se, in una puntata già ricca di argomenti e di voci, c’è un rischio di ridondanza.
Che Nemo dovesse evolversi rispetto alla sua versione originale era necessario e fuori di dubbio. Ma da un programma con un tale potenziale ci saremmo aspettati una scossa innovativa, non un ripiegamento su abitudini, vizi e canoni tipici della tv già vista.
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1 commenti su "Alla ricerca di Nemo"
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Michele dice:
Non ha convinto nemmeno me. Poi francamente non sopporto quando un ospite dice palesi inesattezze senza che nessuno lo contraddica. Un conto è dare, com'è giusto che sia, spazio a tutti. Un altro è far cadere nel vuoto certe affermazioni. Di questi tempi sono tutti bravi a puntare il dito contro i populismi, ma spesso e volentieri sono gli stessi accusatori ad alimentarli. Nell'intervento su Euro/Lira è stato fatto passare un messaggio totalmente fuorviante e volutamente parziale. Troppo facile raccontarla così. Gli argomenti o si affrontano con serietà, oppure è meglio lasciar perdere onde evitare di far danni irrimediabili. Non mi è piaciuto nemmeno il servizio sulla chiesa evangelica americana. Come giustamente fatto notare da uno degli ospiti, quello è sempre stato un bacino repubblicano. La vittoria l'hanno portata gli swing state, con una forte componente di elettorato mobile che decide di volta in volta per chi votare. Insomma, il programma è diventato caotico ed estremamente pressapochista.