Un Medico In Famiglia 9



4
aprile

GIULIO SCARPATI A DM: ANCORA NON HO DECISO SE SARO’ DI NUOVO LELE MARTINI

Giulio Scarpati

Il grande pubblico lo ha conosciuto prima come Lele Martini di Un Medico in Famiglia, poi come Don Zeno e Don Liegro ne L’Uomo della Carità, ma Giulio Scarpati vanta nel suo passato artistico, oltre ad una lunga esperienza teatrale, film impegnati come Il Giudice Ragazzino, per cui ha vinto il David di Donatello o Pasolini – Un Delitto Italiano. D’altronde – come racconta a DM che l’ha intervistato – il mestiere d’attore comporta la necessità di confrontarsi sempre con cose diverse.

Cosa ha pensato la prima volta che le hanno proposto il personaggio di Lele Martini?

Quando ho letto la sceneggiatura, che tra l’altro era un format spagnolo adattato per l’italia da Paola Muscolini, mi sono messo a ridere. Era una strana famiglia e il racconto era molto divertente e scritto bene.

Quante volte capita che le persone la incontrano e la chiamano Lele?

Tante, anche se prima molte di più. Dopo le varie interruzioni di Un Medico in Famiglia che ho fatto, la gente ormai mi conosce anche come Giulio Scarpati. Il personaggio di Lele però è stato molto importante soprattutto per la comunicazione con il grande pubblico.

E’ per questo che ha lasciato più volte la serie? Paura di essere troppo identificato con Lele?

Ho bisogno di variare, è necessario non fossilizzarsi con un unico personaggio, che poi diventa il parametro con il quale vieni pensato nell’immaginario collettivo. Ho bisogno a volte di mettere una distanza tra me e Lele per cercare di recuperare altri tipi di personaggi. Durante le interruzioni di Un Medico in famiglia ho fatto cose molte diverse tra di loro, dal musical, Aggiungi un posto a tavola, a L’ultima pallottola di Soavi. E’ necessario per un attore mettersi a confronto sempre con cose diverse.

Dopo Lele Martini, è stato difficile ottenere ruoli diversi e in un certo senso più “impegnati”,  come per esempio in Don Zeno o ne L’uomo della Carità ?

In chi ti sceglie probabilmente c’è la preoccupazione che chi è troppo identificato è difficile si faccia vedere dal pubblico in modo diverso. In America, gli attori fanno teatro, televisione, cinema con grande libertà, non c’è la rigidità che abbiamo noi e che dal punto di vista artistico è un po’ limitativa. L’attore è uno ed è giusto che faccia tutte e tre le cose. La discriminante è che siano fatte bene. Personalmente, io ho bisogno, anche umanamente, di raccontare altre storie oltre a quella di Lele Martini.

Ad Un Medico in famiglia 9 ci sarà?