Dal mezzogiorno non si passa. La frammentazione dell’offerta ha cambiato tutto e la tv generalista, anche se ha retto, è innegabile che abbia accusato il colpo. C’è però una fascia oraria che è rimasta stoica, quasi imperturbabile alle mutazioni del contesto. E’ il mezzogiorno, che vede schierati tutti i canali tradizioni in prima linea con risultati nel complesso sopra la media e con titoli storici.
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PIAZZA GRANDE : L’OBSOLETA TV DI MICHELE GUARDI’
Sono 17 anni che il mezzogiorno di RaiDue è monopolizzato da “I Fatti Vostri” prima, “Piazza Grande” poi.
Un esempio praticamente perfetto di televisione soporifera e sempre uguale a se stessa che, però, per il fatto di non dar fastidio a nessuno, riesce ad andare in onda ininterrottamente dal 1990.
E il bello è che genera anche…fratelli! Se, infatti, il programma di cui parliamo va in onda dal lunedi al venerdi, nel weekend i nostalgici telespettatori di RaiDue potranno rifarsi con Mattina In Famiglia e Mezzogiorno in Famiglia.
Tutti prodotti televisivi di Michele Guardì, l’emblema, a mio giudizio, di una televisione vecchia, obsoleta e, proprio per questo, da ringiovanire.
Di innovazioni, però, Michele Guardì pare non voglia sentirne parlare.
Se, nelle intenzioni, il regista ha idealizzato una televisione “educata” che ”entri in punta di piedi nelle case dei teleascoltatori”, bisogna ammettere che si può entrare educatamente nelle case degli italiani anche con un pizzico di allegria e di brio.
Ed invece no! Piazza Grande propone una formula invariata dal 1990 e le novità introdotte sono state quasi impercettibili.
D’altro canto, basta dare un’occhiata ai giochi proposti nel corso del programma. Le cifre in palio rispecchiano una “televisione delle lire” che non si è adattata ai cambiamenti (radicali) degli ultimi anni. Cifre che, in tempi in cui il milione di Euro la fa da padrona nei quiz televisivi, fanno davvero sorridere e riescono, a mala pena, a ”rimborsare” il telespettatore della spesa telefonica sostenuta per partecipare.
Per non parlare naturalmente di svegliette, radiosveglie e orologi che rappresentano più un’offesa che un premio.
Non posso pensar altro che a tentare la “fortuna” siano persone anziane bisognose di compagnia e di qualche stimolo che renda un po’ ”friccicarella” una giornata che, altrimenti, sarebbe sempre uguale a se stessa, come la trasmissione!
Ma se è vero che il target di riferimento per questa fascia oraria non è di sicuro giovane, è al tempo stesso indiscutibile che l’età media del telespettatore del mezzogiorno non è necessariamente over 60.
Ma questo pare che il regista siculo non voglia capirlo. Stesso discorso vale per la Radio Televisione Italiana che continua a credere in programmi come questi.
Il metro di giudizio è, neanche a dirlo, la solita colonnina dell’auditel che, però, in questo caso è fuorviante. In assenza di una varietà scelta e soprattutto di una valida concorrenza, gli ascolti sono quasi… obbligati!
Mi sono chiesto se non sia proprio il mezzogiorno in quanto tale a non avere possibilità di successi che vadano oltre una certa soglia di pubblico. Mi sono tornati in mente gli innumerevoli tentativi (tutti senza successo) della concorrente Mediaset che ha cercato di “strappare” il primato della Rai in questa fascia oraria.
Nonostante un prodotto simpatico come Non è La Rai prima versione (condotta da Enrica Bonaccorti) e altri flop come Ore 12 condotto da Gerry Scotti, il biscione ha dovuto far marcia indietro e rinunciare ad un’impresa che sembra impossibile. Poi, però, ho pensato alla Prova del Cuoco di Antonella Clerici e mi son dovuto ricredere. Un programma di successo che merita gli ascolti che totalizza giornalmente proponendo una formula adatta al pubblico di riferimento affidando la conduzione ad una frizzante presentatrice che svecchia il mezzogiorno di RaiUno.
Sorte diversa per i conduttori di Michele Guardì che vengono colpiti da una specie di sindrome da “Piazza Grande”.
Nonostante la bravura di alcuni di loro, sembra che, salvo rari casi, siano ”condannati” ad un triste futuro televisivo che non vede altre chance al di fuori delle trasmissioni di cui parliamo che non rappresentano di sicuro una “vetrina di prestigio” per i lavoratori del mondo dello spettacolo.
Speriamo che il 17° anno di programmazione rispecchi la superstizione legata al numero. In numeri romani, anagrammando il numero (17) XVII vien fuori VIXI, cioè sono vissuto, dunque sono morto (questa è l’origine secondo la quale il 17 porti male)! Speriamo che sia giunta l’ora per Piazza Grande. La vedo dura!
[A proposito di mezzogiorno, non perdete l'appuntamento di domani con i "Momenti da (non) Dimenticare"]