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The Beast in Me, quanta irritante banalità

Stefania Stefanelli

di Stefania Stefanelli

26/11/2025 - 12:15

The Beast in Me, quanta irritante banalità

© Netflix

2.5 /5

Quando gli ingredienti sono ottimi, non buoni, e il piatto che ne viene fuori sa di precotto e surgelato, c’è qualcosa che non va e la critica si fa spietata. Come nel caso di The Beast in Me, serie Netflix dalla fotografia pazzesca che, nonostante il cast e la storia succosa, risulta di una banalità sconcertante.

Partiamo proprio dal cast, o meglio dai protagonisti Matthew Rhys e Claire Danes. Lui, attore britannico che si è fatto conoscere dal pubblico televisivo per il rassicurante ruolo di Kevin Walker in Brothers & Sisters, offre una buona prova, calandosi nei panni di un imprenditore accusato della sparizione della moglie; lei, la Carrie Mathison di Homeland, si spertica in un tripudio di faccette terrorizzate e continui tic che sembrano da caricatura, più che da thriller.

Il suo personaggio, una scrittrice in pieno blocco creativo che ha perso il figlio in un incidente anni prima, è la quintessenza della stupidità. Decisa ad avere giustizia per il dramma vissuto, si presenta come un lupo solitario ma di fatto non riesce a tenersi lontana dai guai, permettendo a chiunque di dirle cosa fare o non fare e stringendo un patto con il suo nuovo vicino, il pericoloso imprenditore.

Pur pensando di lui il peggio, decide di farne il soggetto del suo prossimo libro, necessario per salvare la sua carriera in bilico. E, pur avendo ottenuto la sua collaborazione, si mette a fare il doppio gioco indagando su di lui con un agente dell’FBI completamente inaffidabile, rischiando la vita nonché di mandare a monte ogni propria speranza professionale. Cosa che non accade, perchè la credibilità non è la cifra di questa serie.

Il finale è la parte peggiore della serie

Pathos e adrenalina non mancano – quando non sviliti dalle espressioni da cinema muto della protagonista – ma il finale banalizza ogni cosa. Perchè non ci sono guizzi, non ci sono scoperte, non c’è nessuna bestia nascosta da tenere a bada come l’inizio aveva promesso.

Tutto è fin troppo semplice, ovvio, scontato. Una storia potenzialmente così oscura non è da lieto fine e la sensazione complessiva è quella di aver visto buttare all’aria una concreta opportunità di creare un revival di Misery non deve morire.

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