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Dept. Q, un crime disturbante scritto con maestria
di Stefania Stefanelli
05/06/2025 - 20:00
© Netflix / Justin Downing
3.5 /5
Vi ricordate di Lilly Rush, la fredda detective interpretata da Kathryn Morris che per alcuni anni ha risolto Cold Case su Rai 2? Ecco, a distanza di circa vent’anni è arrivata su Netflix la sua versione ampliata, estremizzata e esagerata: si chiama Carl Morck (Matthew Goode), è respingente, incapace di scatenare empatia ed è il protagonista di Dept. Q – Sezione casi irrisolti.
Angosciante e cupa come poche, la serie racconta la creazione di un nuovo dipartimento della Polizia di Edimburgo e si apre con una delle sequenze più forti che si sia mai vista nel mondo delle serie tv. Un “incidente” che sconvolge la vita dell’ispettore capo Morck e lo rende ancora più chiuso ed insopportabile, ma che non gli fa perdere quel sarcasmo necessario a non rendere del tutto paralizzante la visione.
Il caso in cui è coinvolto Morck va ad incrociarsi con il primo caso irrisolto di cui il dipartimento da lui guidato decide di occuparsi. Le due storie vengono presentate parallelamente ma sono invece dislocate su diversi piani temporali, almeno fino all’allineamento che svela il senso allo spettatore.
Dept. Q e i lampi di genialità
La fotografia è scura, la narrazione procede lenta e la violenza esplode in più di un’occasione a sconvolgerla. Omicidi, follia, disturbi mentali, vendette patologiche e ansia crescente governano i nove episodi, il cui ritmo risulta cadenzato, quasi ipnotico e per questo decisamente inquietante.
Non è una serie che può piacere a tutti, ma la sceneggiatura è impreziosita da lampi di genialità e da cambi di registro – ai quali contribuisce la stramba squadra di cui il protagonista si circonda – che la rendono particolare e imperdibile per gli amanti dei racconti neri, disturbanti e disturbati. Del resto a firmarla, nonchè a dirigere la serie, è Scott Frank, già regista di quel capolavoro che è stato La Regina degli scacchi.
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