21
marzo

LE MANI DENTRO LA CITTA’: INGREDIENTI TROPPO NOTI PER UNA FICTION BEN COSTRUITA

Giuseppe Zeno

A Le Mani dentro la città (qui foto e trama) non mancherebbe davvero niente: nella sceneggiatura troviamo tutto ciò che serve per fare un buon poliziesco televisivo, uno di quelli che piace tanto al pubblico. C’è il poliziotto corrotto, il poliziotto bello e dannato con un doloroso segreto alle spalle, la poliziotta dura e pura e un cattivo che più cattivo non potrebbe essere. Uno che non ci pensa due volte a far uccidere la figlia perché si è innamorata del poliziotto bello e non vuole avere più niente a che fare con la propria famiglia di mafiosi.

Le Mani dentro la città: questa sera in onda la seconda puntata

Se ci aggiungiamo un cast convincente e un’ambientazione nuova per un racconto di mafia – una Milano industriale e corrotta fin nel midollo dalla ‘ndrangheta – allora dovremmo essere a cavallo. In teoria. Perché nella pratica la fiction della Taodue, di cui questa sera vedremo la seconda puntata su Canale 5 (qui le anticipazioni), lascia un senso di insoddisfazione del quale è difficile capire subito le cause.

All’apparenza non c’è davvero niente che non vada o che non sia stato curato a dovere, il prodotto è ben confezionato, ma la verità è si rischia di fare una gran confusione. Tra questa e tutte le altre fiction con cast simile o di argomento affine che la tv italiana ci ha proposto negli anni. Il primo e più ovvio paragone che viene spontaneo fare è quello con Squadra Antimafia, perché vedere Simona Cavallari con una pistola nella fondina mentre guida una squadra investigativa all’assalto della malavita è un’immagine troppo radicata nell’immaginario del pubblico di Canale 5. Bravissima e convincente, ma sceglierla come protagonista è stato fin troppo facile.

Le Mani dentro la città: buono il cast, troppo romanzata la trama

Non è comunque solo il mondo Taodue che si affaccia prepotente ne Le Mani dentro la città, ci si mette anche la Ares, che proprio di venerdì in questa stagione ha proposto Baciamo le mani. Lì c’era la figlia di un boss, adorata dal padre, che doveva sposare un malavitoso suo socio ma alla fine si ribellava. Qui la storia è la stessa, solo che lei non si ribella e si sposa davvero ma in entrambi i casi a prestare il volto alla ragazza è l’attrice Daniela Marra… col rischio di mandarci  in tilt. Mentre Giuseppe Zeno dà vita ad un ispettore Benevento molto inquieto, tormentato, disperato per l’amore perduto che però a vederlo nei flashback in riva al mare calabrese, con lo sguardo fiero ed arrabbiato che non sai mai se puoi fidarti o no, sembra proprio di essere davanti al Toni Amitrano che interpretò in Gente di mare.

In conclusione, Le Mani dentro la città sulla carta è un prodotto nuovissimo, ma nei fatti è carta conosciuta. E per essere un progetto nelle intenzioni ancorato alla realtà e con una funzione sociale, la trama è stata forse eccessivamente romanzata.

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3 Commenti dei lettori »

1. Marco89 ha scritto:

21 marzo 2014 alle 12:43

Se posso permettermi, molto intelligente e ben articolata come analisi.
Io stesso, che sono appassionato del genere, ho trovato la serie sicuramente ben fatta ma ancora con un’identità da sviluppare. Non trovo comunque troppo inflazionata l’immagine della Cavallari, il ruolo è completamente diverso, non ci sono paragoni, è solo un chiaro e ficcante colpo d’immagine visto che la Mares è la Mares.
La trama è comunque forte, ben sviluppata e già entrata nel ritmo: si è evitato il rischio di farla somigliare troppo a Squadra Antimafia, e di rischi ce n’erano parecchi.
Sono in parte d’accordo quindi sulle “critiche” fatte a “Le mani dentro la città”, ma certo è che rimane un prodotto decisamente superiore alla media delle fiction italiane, come spesso accade per i lavori Taodue, prodotti veloci e credibili per un pubblico giovane.
Vedremo come evolverà la trama, e anche gli ascolti…son proprio curioso.
Squadra Antimafia rimane comunque un cimelio inarrivabile.



2. dumurin ha scritto:

21 marzo 2014 alle 14:41

Analisi ben fatta ma permettetemi di dissentire sul fatto del troppo romanzata. Sì è vero è più romanzata ma preferisco una serie come Le Mani dentro la Città più romanzata che non una serie fin troppo realistica come Il Clan dei Camorristi che dopo un po’ non si riusciva più a seguire.



3. luca ha scritto:

21 marzo 2014 alle 16:02

Io sono del parere che di quel genere ne basta una lunga serie. Non ha senso proporne all’infinito perché il pubblico poi si stanca.
Basta e avanza squadra antimafia. Il resto sono delle brutte copie fatte male, anche se con bravi attori. Non avrei mandato in onda nemmeno il clan dei camorristi.
Non dico poi il giudizio sulle garko’ s fiction e ora quelle delle accoppiate morra-testi perché sembrano davvero tutte uguali.
Si può anche cambiare genere mica il nostro paese e’ solo mafia, camorra e ndrangheta.
Tra l’ antimafia, baciamo le mani, il peccato e la vergogna e ora le mani dentro in una stagione ne sono stare trasmesse ben 4 su questo genere/filone. L’ immagine dell’ Italia deve essere in primis pensata diversamente dagli sceneggiatori.



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