A viale Mazzini forse lo chiameranno “il venerdì maledetto”, e non avrebbero tutti i torti. Prima Riusciranno i nostri eroi con Max Giusti, promosso inspiegabilmente in prima serata, adesso Red or Black con la coppia Frizzi/Cirilli: Giancarlo Leone si è appena insediato e nel giro di un mese ha già collezionato due insuccessi. E ‘per fortuna’ che la concorrenza annaspa e non se la passa affatto meglio, con Il clan dei camorristi che non sembra avere lo stesso appeal di altre fiction, perché altrimenti – quantomeno sul lato intrattenimento – sarebbe stata una vera debacle per la prima rete pubblica, che già al sabato – contro Italia’s Got Talent – non riesce a smuoversi dal 18%, misero visto l’investimento attuato con I migliori anni ma pur sempre in linea con la media di rete.
Ma il palinsesto, provano a convincerci, partirà solo a settembre (un mantra ripetuto da anni, ohibho), ora solo “sperimentazioni” e nuovi format, alla ricerca di un pubblico il più possibile trasversale, solitamente lontano dalle reti Rai. Sarà, ma qualcuno dovrebbe avvertire i piani alti che anche le sperimentazioni dovrebbero essere ben ponderate, onde portare una rete – che per fortuna può contare su un affezionatissimo zoccolo duro, a differenza dell’ammiraglia del Biscione – al totale scatafascio. Prendiamo Red or Black, il gameshow ideato da Simon Cowell, lo stesso di XFactor per intenderci, condotto dalla coppia di Got Talent (Ant e Dec) e trasmesso da ITV a ridosso della nuova stagione televisiva.
In Gran Bretagna non ha affatto brillato, un campanello d’allarme del tutto ignorato dal settimo piano peraltro, nonostante la nota rete commerciale inglese abbia studiato delle soluzioni ad hoc per attirare gli spettatori, incastonando lo show in due parti tra XFactor – che va forte da quelle parti – nella speranza che il traino contribuisse a risollevarne le sorti. A curare la versione italiana ci ha pensato invece Magnolia, in tandem con la direzione della prima rete, che però ha compiuto un errore che ci permettiamo di definire quasi infantile: adattare il formato da un’ora – che poi è il formato standard dei gameshow – a quello tipico italiano per la prima serata, da più di due ore, allungando inevitabilmente il brodo.
Una scelta necessaria, che però ha ammazzato del tutto il ritmo – che è poi una delle poche chiavi di successo del programma. E dire che stavolta la soluzione a portata di mano c’era, bastava un minimo di buona volontà: di Red or Black ne sono state infatti prodotte due stagioni nel Regno Unito (e per la cronaca probabilmente una terza non vedrà mai la luce), profondamente diverse tra loro. La prima, che ha ottenuto una media d’ascolto tutto sommato incoraggiante, fa della spettacolarità e della maestosità delle prove, alcune in esterna, altre in un’immensa arena e quelle finali negli studios, il suo cavallo di battaglia, puntando tutto sul montaggio e sul gioco di gruppo (ben 100 mila concorrenti per le sette puntate, ridotti drasticamente di round in round). La seconda invece è quella su cui si basa in toto l’edizione italiana, meno eccitante e scenograficamente fastosa rispetto alla prima e decisamente troppo concorrente-centrica.
E infatti il pubblico, così come in Inghilterra, non ha approvato. Eppure, per non sacrificare il ritmo e salvaguardare la sfarzosità del gioco, almeno per l’adattamento italiano era sufficiente (seppur con qualche limite dovuto al budget) mixare le due edizioni, con la prima parte basata sulla prima edizione inglese e la seconda parte, tutta in studio, con gli otto superstiti dai round di gruppo, basata sulla seconda inglese. Troppo difficile?
1. lu85 ha scritto:
2 marzo 2013 alle 18:06