Notizia gustosissima che sta facendo il giro del mondo per la sua particolarità, svolta che potrebbe aprire un mondo. Il concetto è il seguente: ti pago basta che eviti di farti vedere in giro con abiti del mio marchio. E’ successo a Mike Sorrentino, alias The Situation, forse il protagonista più celebre della Tamarreide ameriacana Jersey Shore. Un noto marchio americano, Abercrombie, ha chiesto al protagonista del reality, con una bella offerta di soldi, di non associare più il suo volto al loro nome, anche se inconsciamente: il rischio è quello di danneggiare la filosofia di brand aziendale.
Esattamente al contrario di quanto avveniva finora dunque, quando al secondo giorno di popolarità chiunque veniva ben prezzolato per sfoggiare magliette, pantaloni, scarpe o accessori vari direttamente collegabili a marchi presenti sul mercato. A costringere l’azienda a questa contromossa è stata la scelta del ragazzo di indossare un paio di pantaloni chiaramente identificabili con quella griffe in uno degli ultimi episodi del reality show girato a Firenze.
Questo il comunicato, dall’eloquente titolo Una vittoria per tutti, con cui il brand ha spiegato questa scelta di marketing estendendo anche agli altri colleghi di Mike Sorrentino l’invito a non indossare loro abiti:
Siamo consapevoli che si tratta di uno show di intrattenimento, ma crediamo che l’associazione al nostro marchio sia contraria alle aspirazioni di A&F e potrebbe non essere gradita a nostri fan.
A qualcuno sembra un po’ strana questa faccenda e da più parti si vede questa operazione come un ottimo escamotage per far parlare di sé e ottenere eco mediatica praticamente a costo zero. Quello che a noi però interessa è la forte presa di posizione verso il genere di spettacolo televisivo più vituperato degli ultimi anni, con un picco di interessante intensità nella scelta di ‘ghettizzare’ i tamarri. C’è da considerare tutta una serie di ricerche che documentano il profondo effetto che i testimonial, volontari o involontari, possono provocare sul prodotto a loro associato.
Tutto un corollario di conseguenze di non poca profondità sociologica si annida infatti attorno a questa opzione di economia simbolica, tutta una chiara distinzione sociale entro la quale il programma, i suoi personaggi e i fan si pongono come diaframma tra meccanismi di appartenenza e identità. In Italia, paese denso di ambienti che non hanno mai riservato trattamenti tanto più teneri a coloro in qualche modo macchiati dall’onta del reality, avrà ripercussioni questo precedente così eclatante?
Arriveremo a una netta presa di posizione contro gieffini e company tale da chiedergli di girare alla larga da facili fraintendimenti di associazione personaggio-marchio? Dovranno i vari tamarri e burini sfornati da ogni edizione passare al setaccio la loro immagine e il loro abbigliamento onde evitare gogne pubbliche da parte di griffe affermate che li scaricheranno davanti a tutti per manifesta inadeguatezza stilistica?
Potrà gente come Marika Baldini e Claudio Pallitto continuare a vestirsi come vuole senza pensare di rischiare di mandare in crisi intere aziende in base al loro guardaroba?
1. alex1989 ha scritto:
18 agosto 2011 alle 12:14