Venticinque anni e un’esperienza già importante come Sanremo giovani già prima di arrivare ad Amici. Il cammino di Virginio all’interno della scuola è stato altalenante. Nel bene e nel male Rudy Zerbi quest’anno mette le mani sulla finale portando due cantanti (l’altra è Annalisa) che sono legati in qualche modo al suo nome. Paradossalmente la parabola crescente di Virginio è iniziata proprio con la rabbia, e la conseguente separazione consensuale, con il maestro produttore. Dalla qualificazione al serale in poi è emerso tutto un altro personaggio, nonostante permangono forti perplessità sull’originalità del suo profilo artistico.
Sulla qualità della sua preparazione non ci sono riserve ma il dubbio che possa essere solo una meteora è fortissimo. Le sue esibizioni sono sempre confezionate ottimamente e portate a termine con poche imprecisioni. Il problema di Virginio è solo la peculiarità del timbro. In agguato su di lui c’è il fantasma del già sentito, sembra quasi una riedizione di Valerio Scanu, peraltro con minore estensione. Nessuna perplessità nemmeno sulla sua maturità: è riuscito a portare una grande sensibilità nella sua comunicazione, ha lasciato trasparire tra le righe una parte fondamentale della sua personalità e del suo mondo. Con sobrietà si è svelato, ha reagito con determinazione agli ostacoli senza perdere mai il garbo di fondo. Ha saputo risollevarsi dopo mesi di piatta stagnazione sul livello della sufficienza.
I suoi inediti mantengono bene la sua cifra, ma proprio per questo non riescono mai ad uscire dal melodismo giovanilista. Rischia di essere l’ennesima bella voce sprecata in un canone che non ha il coraggio di sperimentare al di là del successo miope. L’interpretazione più bella rimane la sua versione di Hallelujah di Jeff Buckley, brano in cui è riuscito ad arrivare ad un’intensità pregevole che per una volta ha fatto dimenticare i limiti del suo profilo. Il suo gradimento presso il target principale del programma potrebbe dargli la vittoria, ma si tratterebbe di un ritorno ai criteri di premiazione del passato che nessuno auspica. Il mercato discografico non ha bisogno di nuovi Federico Angelucci.
1. Mek ha scritto:
4 marzo 2011 alle 11:59