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‘Inside’ man = ‘Fuori’ de capoccia

Stefania Stefanelli

di Stefania Stefanelli

08/11/2022 - 14:48

‘Inside’ man = ‘Fuori’ de capoccia
Inside Man - David Tennant
Inside Man - David Tennant

Ricordate Inside Man, il film del 2006 con Clive Owen e Denzel Washington che raccontava una geniale e ben congeniata rapina in banca? Ecco, dimenticatelo, perchè l’omonima serie Netflix parla di tutt’altro e di geniale non ha nulla, risultando a conti fatti un’inutile, ingenua e frustrante perdita di tempo. In più, avere a disposizione un David Tennant e uno Stanley Tucci in stato di grazia e sprecarli in un storia senza capo né coda, dando loro dei personaggi inverosimili quando non direttamente stupidi, è davvero troppo.

La storia, raccontata in quattro episodi, è quella del reverendo Harry Watling (Tennant) che, incapace di opporsi agli eventi e prendere una qualunque decisione sensata, finisce per rinchiudere nella cantina di casa sua l’insegnante privata del figlio, erroneamente convinta che il ragazzo sia attratto dalla pedo pornografia. In realtà le immagini compromettenti che Janice (Dolly Wells) trova in una pennetta usb sono di un parrocchiano con turbe mentali e una madre ossessiva, che il reverendo decide di proteggere finendo per mettersi nei guai.

Pur sapendo che sta commettendo imperdonabili errori (ed emerite idiozie), Harry scivola su tutte le bucce di banana che i poco sagaci autori mettono sulla sua strada, finendo per distruggere la propria reputazione, la propria famiglia e spargere più sangue di quanto necessario. Ingenuo, facilmente manipolabile e senza il minimo senso del giudizio, è aiutato in quest’impresa nonsense della moglie Mary (Lyndsey Marshal), per la quale vale come non mai il detto “Dio prima li fa e poi li accoppia“.

L’orrore assurdo, evitabile e ingiustificabile che esplode nella loro tranquilla canonica viene raccontato in alternanza con quanto accade nel braccio della morte di un carcere nel quale Jefferson Grieff (Tucci), reo di aver ucciso e mutilato la moglie, ha aperto una sorta di esclusiva agenzia investigativa e, spalleggiato dal direttore, risolve solo casi che per lui hanno una certa levatura morale. Il suo “lavoro”, per una serie di coincidenze forzate, lo porta ad interessarsi della scomparsa di Janice e trovare miracolosamente la quadra a distanza.

In questo plot inverosimile, l’unico guizzo sta nel rovescio degli archetipi narrativi. Così, se il reverendo si rivela la persona meno saggia ed affidabile di tutte, Grieff e il suo assistente pluriomicida (Atkins Estimond) sono gli unici ad apparire validi e brillanti, mentre la povera vittima, Janice, è talmente irritante e provocatrice da diventare lei aguzzina dei suoi carnefici pasticcioni. Ma ciò non basta a salvare la baracca.

Quantomeno viene raggiunto lo scopo di dimostrare che chiunque, anche il migliore tra gli uomini, può trasformarsi in omicida per colpa di una giornata storta: perchè dopo queste quasi quattro ore di visione, la voglia di ammazzare qualcuno in effetti ti sfiora.

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