La serialità di Canale 5 punta ancora sulle indagini, su casi intricati e ricchi di personaggi che nascondono segreti inconfessabili. Dopo la buona riuscita di Non Mentire, il nuovo corso passa per Il Silenzio dell’Acqua, la fiction con Ambra Angiolini e Giorgio Pasotti che ha debuttato venerdì scorso, portando con sé gli echi di altri prodotti seriali, italiani e non.
Il Silenzio dell’Acqua: un prodotto che ne ricorda altri
L’impronta più massiccia è quella di Broadchurch, la serie britannica del 2013 che è andata avanti per tre stagioni, raccontando le indagini di due poliziotti in un tranquillo centro marittimo, dove niente era quello che sembrava. Come dichiarato dal regista Pier Belloni, nella realizzazione de Il Silenzio dell’Acqua sono state prese come riferimento “le grandi serie straniere ma soprattutto la cinematografia nordeuropea dove, spesso e volutamente, la perfezione del bello si scontra con l’imperfezione dell’animo umano“. Il che sicuramente si sente, ma c’è una somiglianza marcata con un programma affine della stessa rete e molto “più italiano”.
Impossibile, infatti, non ritrovare nelle indagini di Luisa (Ambra Angiolini) e Andrea (Giorgio Pasotti) lo stesso sapore di quelle in cui è stato coinvolto il dottore interpretato da Gianni Morandi ne L’Isola di Pietro: il luogo chiuso, in cui tutti conoscono tutti da sempre, il mare che ritorna e il mondo degli adolescenti in cui insinuarsi per venire a capo della morte di una di loro, sono tutti elementi che accomunano i due titoli, creando quasi una scelta stilistica che Mediaset sta perseguendo con risultati non disprezzabili.
Il Silenzio dell’Acqua non sarà un prodotto particolarmente originale, ma è ben scritto ed interpretato, risulta avvincente e quasi fuori dal tempo, come i gialli antichi che riguardano sempre comunità chiuse e nei quali la macro criminalità non ha voce; una tipologia di racconto, nella quale i luoghi stessi hanno personalità, che si è fatta attuale, dal momento che anche la Rai la sperimenta con successo.
L’elemento forse più fragile del prodotto è l’eccessiva caratterizzazione dei personaggi, che sembrano un po’ troppo scritti. Basti pensare a Luisa, che dosa in modo quasi meccanico freddezza e commozione, o ad Andrea, il poliziotto della porta accanto che almeno due/tre volte per puntata aggredisce qualcuno, prendendolo per la collottola con la convinzione di aver trovato un colpevole che poi non è.
Ma gli attori sanno calarsi bene in quest’assenza di sfumature, risultando comunque piacevoli ed in alcuni casi sorprendenti, come Valentina D’Agostino, nota al pubblico per ruoli più leggeri (come quello ne La Mafia Uccide solo d’Estate), e qui madre disperata e borderline, che non riesce a farsi una ragione della morte della figlia.
1. Paolo ha scritto:
11 marzo 2019 alle 16:59