Chiusi in gabbia come bestie, incapaci di vivere con dignità, i mafiosi raccontati da Antonio Albanese diventano personaggi patetici, grotteschi. Da (de)ridere. L’attore lombardo li ha rappresentati così ne I Topi, la prima serie tv da lui scritta e interpretata, in onda in prime time su Rai3 (21.40) da domani – 6 ottobre – per tre serate da due episodi ciascuna. Albanese interpreterà Sebastiano, un latitante gretto e ignorante, fiero di ciò che ha costruito grazie al malaffare ma costretto a trascorrere le sue giornate tra cunicoli e nascondigli. Come un topo.
La serie, prodotta da Rai Fiction e Wildside, estremizza in chiave ironica uno degli aspetti più assurdi della vita dei mafiosi, ridicolizzando i codici e i disvalori della criminalità. Ognuno dei sei episodi ruota intorno al modo di essere del mafioso, attraverso le vicende del protagonista e dei personaggi che lo affiancano. L’effetto comico è riuscito: Albanese suscita un sorriso amaro nel telespettatore, anche se – tra scene surreali e battute sottili – si perde un po’ l’aspetto più turpe e reale della mafia.
Rai3, I Topi – Trama
Sebastiano, con l’aiuto di fidati prestanome, porta avanti i loschi traffici della sua impresa edile restando chiuso in casa tra allarmi e telecamere a circuito chiuso, nel timore di essere scoperto dalla Polizia. Tutto questo con la complicità della famiglia al completo: la moglie Betta (Lorenza Indovina), immersa con grande normalità nelle trame illegali; la primogenita Carmen (Michela De Rossi), studentessa universitaria spesso in conflitto col padre, ma con il quale condivide filosofia spicciola ed eloquente cinismo; Benni (Andrea Colombo), il figlio diciassettenne un po’ stupido e con velleità giudicate trasgressive dal padre, che non condivide la sua passione per la cucina; gli zii Vincenza e Vincenzo, accanita scommettitrice la prima e capostipite mafioso il secondo, felicemente autorecluso nel bunker da 12 anni.
Nel primo episodio, già disponibile su Rai Play, Sebastiano e la sua famiglia sono riuniti per il pranzo, ma vengono continuamente interrotti dal suono del citofono. Sebastiano – temendo che si tratti della Polizia – è quindi costretto, più volte, a infilarsi nei percorsi sotterranei che lo portano al bunker dello zio Vincenzo. Fino a quando a citofonare è Carmen, che rientrando rivela a tutti che ha una relazione con il figlio primogenito della famiglia rivale dei Calamaru.
La puntata è godibile e lascia nel telespettatore il desiderio di seguirne il prosieguo. Albanese coglie le sfumature della miserabile vita del latitante e le caricaturizza con la satira. Ne I Topi, tuttavia, anche l’efferatezza del mafioso diventa un po’ umoristica, meno drammatica di quel che purtroppo è, forse come inevitabile effetto collaterale dell’operazione messa a punto dallo stesso Albanese.
“Ho narrato lo stile di vita dei latitanti di mafia, usando l’ironia e il paradosso con l’intento di far emergere il ridicolo e l’assurdità di quella condizione (…) La comicità vuole essere anche strumento rivelatore della bestialità e dell’ignoranza delle realtà mafiose che sottraggono nutrimento e sono portatrici di gravi ‘infezioni’, come i topi“
ha dichiarato l’attore, rivelando di essersi ispirato non ad un singolo boss mafioso ma ad una serie di situazioni accadute nella realtà e rielaborate poi nella fase di creazione del suo nuovo personaggio.