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dicembre

ROSARIO RINALDO (PRESIDENTE CROSS PRODUCTIONS) A DM: “STIAMO SCRIVENDO QUESTO E’ IL MIO PAESE 2. MERCATO CHIUSO QUELLO DI MEDIASET”. E SU UNA GRANDE FAMIGLIA 4…

Rosario Rinaldo

Reduce dal successo di Questo è il mio paese, abbiamo intervistato Rosario Rinaldo, Presidente e azionista di Cross Productions (società di produzione nata a luglio del 2013 in seguito all’acquisizione da parte di Beta Film Gmbh delle quote precedentemente detenute da Magnolia SPA in Magnolia Fiction). Una lunga chiacchierata che inizia parlando della fiction con Violante Placido e che poi si dipana affrontando vari temi, dalla chiusura del mercato italiano, alla necessità di implementare nuovi sistemi produttivi fino ai nuovi progetti all’orizzonte. Tra questi, ve lo diciamo subito, non c’è Una Grande Famiglia 4. Il perchè? Scopritelo leggendo l’intervista.

Ti giro subito la domanda che ci eravamo posti qualche giorno fa: Questo è il mio paese 2 ci sarà?

Ci proviamo, d’accordo con la Rai cominciamo a scrivere e vediamo se viene. In tutti i lavori che facciamo non c’è mai niente di assodato, lavoreremo al concept di una seconda stagione e se ci convince sicuramente ci sarà.

La fiction ha trattato un tema già affrontato ampiamente ma con uno sguardo diverso rispetto a quello abituale.

Abbiamo tentato di eliminare il modello “epico” in cui eroe positivo e negativo si scontrano, come accadeva con La Piovra. Abbiamo lavorato usando un tessuto connettivo diverso che è il melodramma; checché se ne dica il melodramma, secondo me, è il genere principe per quanto riguarda il pubblico italiano, legato al nostro gusto e alla nostra cultura.

Il melodramma è un genere in questo momento un po’ bistrattato dalla critica.

C’è un po’ di pruderie; il melodramma è forse il genere più ovvio ma proprio perchè ovvio è molto radicato. Secondo me ha dato anche alla critica la giustificazione per dire che Questo è il mio paese è un prodotto vecchio, ma in realtà non lo è. Ci abbiamo ragionato e quello era il modo migliore per allargare il più possibile la platea trattando una tematica difficile.

Il cast di Questo è il mio paese rimane confermato?

E’ presto, chiaramente è confermata Violante Placido.

Avreste scelto la declinazione melodrammatica anche su Sky per Questo è il mio paese?

No, decisamente no. Sapevo che parlavo ad un pubblico consolidatissimo, Sky non recepisce un prodotto di questo genere, hanno costruito la loro identità sul crime e quindi avremmo dovuto raccontare molto di più il versante mafioso ridimensionando l’aspetto di chi lo combatte. Avremmo usato una chiave un po’ più alla Narcos, un modo di raccontare freddo, asciutto e non caricato in direzione sentimentale.

A proposito di sequel, la domanda che tutti si chiedono è Una Grande Famiglia avrà un seguito?

Per il momento no. Dico per il momento perchè “mai dire mai”, ma non se n’è proprio parlato. Con la Andreatta avevamo detto: “fermiamoci” e poi vedremo.

Perchè?

E’ una formula molto difficile, costosa in senso ampio. La gestione di un cast del genere comporta delle ricadute anche economiche in termini di piano di produzione, lavorazione; è difficile da gestire e, come sai, il tempo è denaro. Sono delle difficoltà che ricadono anche sui contenuti perché per mantenere quell’attore devi accettare dei compromessi anche in chiave narrativa. Se l’attore deve andar via per partecipare a tre film, devi inventarti qualcosa che sia coerente ed efficace.

Forse uno dei talloni d’Achille della fiction sono proprio gli attori. In America si riescono a fare fiction per 10 stagioni con lo stesso cast, in Italia dopo 3 stagioni ci sono già stravolgimenti.

Abbiamo difficoltà a chiudere i cast perchè non riusciamo ad ottenere opzioni su future stagioni, non è quasi automatico come succede in altri paesi. Il problema è sempre lo stesso – e sono ossessionato da questo tema che mi ritrovo tutti i giorni di fronte – e cioè ‘il mercato’. Non essendoci un vero mercato, non essendoci vera competizione e concorrenza, è chiaro che tutto funziona in maniera distorta. Anche gli attori sono viziati, sanno che, se non lavorano per la Rai, faranno dei film. Un attore americano se sceglie di lavorare a quel progetto accetta le clausole di lavorare alle altre stagioni perchè, se non lo fa lui, lo fa un altro. C’è competizione. Questo cambierà nel momento in cui ci saranno più occasioni, più clienti e possibilità di trovare gusti diversi.

Il passaggio da Magnolia a Beta Film cosa ha comportato?

Nulla, nel senso che ho sempre la massima libertà. L’unica cosa che è cambiata è quella di avere maggiori speranze di fare un prodotto che possa oltrepassare le Alpi, che non sia soltanto locale. Ho un confronto costante con i miei interlocutori in Beta.

Questo è il mio paese è l’emblema di un prodotto locale però.

Certo, infatti dato che aveva un grande gradimento in Rai, Beta ha deciso sì di distribuirlo ma di non intervenire in fase di produzione. Ad esempio per la fiction sul Commissario Schiavone, tratta dai libri di Antonio Manzini, interverranno in fase di coproduzione. Quello è un genere diverso.

Quando andrà in onda?

Stiamo lavorando con la Rai, perchè non è un prodotto da Rai1, andrebbe bene su una nuova Rai2. In questo momento c’è una dicotomia: un prodotto di Rai1 non è quasi mai un prodotto internazionale. Rai1 è la rete che parla al più grande pubblico italiano e dunque ha una serie di esigenze. Non è un caso che non vengano fatte coproduzioni internazionali, anche Montalbano è una vendita.

Diciamo che le coproduzioni fatte sinora sono sempre andate male.

Perchè sono prodotti spersonalizzati, le esigenze devono partire dal basso. Altrimenti sono finte coproduzioni, coatte, legate a ragioni relazionali più che di mercato.

Avete già l’interprete di Schiavone?

Sì ma non abbiamo ancora concluso la trattativa.

Un big?

Quando ci sono degli interessi internazionali, come in questo caso quello della Germania, non è necessario il divo. Mi odieranno tutti ma io penso che produttivamente la chiave di volta non sia il regista ma il team e il rapporto che si instaura. Serve una preparazione lunga e professionisti disposti a condividere a monte, e non ognuno che lavora per conto suo, con il regista a capo del processo.

Serve uno showrunner?

Non uso più questa parola, quella funzione lì deriva da una cultura industriale che non abbiamo ancora, forse ci arriveremo.

Con Mediaset non lavorate da Anna e i cinque, è un mercato un po’ chiuso?

Non un po’, io direi completamente chiuso, lavorano con le loro società. Ho provato a proporre altri progetti ma niente.

Quello di Canale 5 è ancora un altro mondo rispetto a Rai1.

Hanno deciso di cavalcare la strada della lunga serialità a basso costo, che per un periodo ha pagato, adesso non mi pare stia pagando più di tanto e credo che continueranno così ancora per un po’. Lavorano con le loro società e altri produttori non vengono coinvolti, grazie a Dio ha cominciato a parlare anche l’Agcom dicendo che sono fuori dalla legge 122.

Un progetto curioso di Cross Productions è Sirene. La curiosità è data dal fatto che si tratta di un fantasy.

Anche in questo caso ho un pregresso lontanissimo: Fantaghirò. E’ stato costruito nel 1989 quando lavoravo a Mediaset ed è stato un successo internazionale. Ragionare oggi su un fantasy è una sfida che mi piace molto. La storia è quella di una famiglia di sirene, madre e tre figlie che sbarcano a Napoli alla ricerca di un tritone che è sfuggito in quanto non sopportava il potere matriarcale delle sirene. La vedremo nel 2017.

Sirene è firmata da Ivan Cotroneo, lui è molto bravo ma ho una perplessità: non sta andando in un certo senso ad “autoclonarsi”, ripetendo schemi già usati?

Ti riferisci ad E’ arrivata la felicità?

In particolar modo sì. Ma non solo. Anche la trama di Sirene mi ha fatto pensare ad Un’Altra Vita…

La premessa, come dicevi, è che è una grande penna, forse il problema è che lui, Monica Rametta e Stefano Bises, sono molto sicuri sulla loro scrittura. Probabilmente il limite è questo. Sirene però già parte da un dato: raccontiamo due mondi completamente lontani. Chiaramente poi essendo una commedia romantica fantasy, le dinamiche sono quelle della tensione amorosa. La scommessa rimane raccontare due realtà diverse in un contesto particolare come quello napoletano, non sfruttato dalla televisione.

La fiction italiana non è troppo cara? C’è un abisso, ad esempio, tra il costo orario italiano e quello spagnolo.

Sì vero, però loro non fanno serie brevi ma sempre serie lunghe. Sono bravissimi su alcune cose – sto lavorando con loro su un progetto ambientato tra Roma e Siviglia – li stimo tantissimo, però la qualità non è granchè. Un modello molto industriale, la fotografia sparata, e anche dal punto di vista degli attori non c’è stato uno sviluppo.

C’è Miguel Angel Silvestre che è andato in America.

E’ un solo caso, diciamo che rispetto alla quantità di ore di prodotto non hanno generato tanta innovazione.

Tornando alla realtà italiana, perchè costa così tanto?

Costa quello che richiede il mercato. C’è quasi un unico cliente, la Rai.

A maggior ragione la Rai non dovrebbe avere il potere di mercato di imporre i suoi prezzi?

C’è il sopra la linea che genera degli incrementi di costi notevoli. Ci sono precise richieste di ingaggiare determinati attori e gli agenti sono in stretto contatto con l’editor Rai. Il prezzo lo fanno loro, non il produttore.

In percentuale quanto incide la voce cast artistico su un budget?

Il cosiddetto sopra la linea incide intorno al 30%.

Presumo che una fiction come Una Grande Famiglia sfori questa percentuale.

Sì, è sopra la media anche se, grazie ad una richiesta accolta in Rai, Una Grande Famiglia 2 e 3 avevano un unico contratto che ci ha permesso di pianificare e abbattere il costo di sceneggiatori, attori e altro. Tra prima e terza stagione, dunque, il costo si è ridotto del 15%. In Italia, però, normalmente non siamo in grado di fare queste pianificazioni.

Nel portafoglio titoli di Cross Productions preferiresti avere Gomorra o Il Segreto?

Gomorra. Non c’è dubbio quel genere di prodotto è quello a cui aspiro, ed è stata Beta a commercializzarlo in tutto il mondo. Il lavoro che stiamo facendo con la Andreatta è trovare un equilibrio che consenta di fare ragionamenti nuovi sui prodotti. Allo stesso tempo devi inventarti modelli produttivi più efficienti. Noi abbiamo iniziato lavorando sul web: abbiamo fatto Kubrick, Il Candidato e ora facciamo altre quaranta puntate di 140 secondi che è andato in onda con successo su Rai2. Questo tipo di prodotto non mi consente soltanto di abbattere i costi in astratto ma di verificare delle formule produttive più efficienti che posso sperare di applicare sul prodotto mainstream. Al momento è tutto legato ad un’aspirazione ma man mano le cose cambieranno dal momento in cui Discovery comincia a guardarsi attorno e vuole fare la fiction, Viacom apre un ufficio in Italia, Sky produce non soltanto crime e Netflix comincia a dialogare…



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5 Commenti dei lettori »

1. dumurin ha scritto:

7 dicembre 2015 alle 21:40

Bellissimi progetti, sopratutto Sirene, Questo è il mio Paese 2 e mi intriga la nuova fiction italo-spagnola ambientata tra Roma e Siviglia. Chissà quale sarà.

Sirene mi ispira un sacco, la sfida della Cross Productions è quindi creare la nuova Fantaghirò! E ci spero! Ci vuole il fantasy sulla tv italiana! Fantaghirò e le altre fiabe (Desideria e l’anello del drago, Sorellina e il Principe del Sogno, La Principessa e il Povero, ma anche Il Quarto Re e Tristano e Isotta Il Cuore e la Spada erano davvero bellissime, magari rifacessero fiction così in televisione).
Ma non sapevo che Rosario Rinaldo avesse lavorato nel 1989 a Fantaghirò.
Quindi Sirene la dovranno per forza girare nel 2016 se arriverà nel 2017 su Raiuno. Chissà chi metteranno a interpretare le quattro splendide sirenette…



2. dumurin ha scritto:

7 dicembre 2015 alle 21:41

Bellissimi progetti, sopratutto Sirene, Questo è il mio Paese 2 e mi intriga la nuova fiction italo-spagnola ambientata tra Roma e Siviglia. Chissà quale sarà.

Sirene mi ispira un sacco, la sfida della Cross Productions è quindi creare la nuova Fantaghirò! E ci spero! Ci vuole il fantasy sulla tv italiana! Fantaghirò e le altre fiabe (Desideria e l’anello del drago, Sorellina e il Principe del Sogno, La Principessa e il Povero, ma anche Il Quarto Re e Tristano e Isotta Il Cuore e la Spada) erano davvero bellissime, magari rifacessero fiction così in televisione.
Ma non sapevo che Rosario Rinaldo avesse lavorato nel 1989 a Fantaghirò.
Quindi Sirene la dovranno per forza girare nel 2016 se arriverà nel 2017 su Raiuno. Chissà chi metteranno a interpretare le quattro splendide sirenette…



3. Max_86 ha scritto:

7 dicembre 2015 alle 23:51

Fantaghiro rimane l’unico è insostituibile fantasy della TV italiana…era il 1989 eppure le storie,i costumi,le ambientazioni e le trame si sono ritrovate poi,ingigantite e in altre forme,nelle grandi produzioni internazionali tipo signore degli anelli…è un fantasy che ha segnato un’intera generazione..



4. dumurin ha scritto:

8 dicembre 2015 alle 00:04

Max,
indubbiamente Fantaghirò è stata una grande serie fantasy che abbiamo amati penso tutti da bambini e continuiamo ad amare da adulti, anzi ti dico che mi dispiace un sacco che non abbiano fatto un finale come si deve con Fantaghirò che torna da Romualdo e vissero felici e contenti.
Però trovo che sia giusto che si voglia nuovamente rifare serie di quel tipo, anche se questa sarà differente e più moderna, ma almeno è già qualcosa, visto che sulla tv italiana a parte rari casi non esiste il fantasy.
Io vedo molto favorevolmente questa nuova produzione fantasy. E spero davvero che si avranno nuove notizie in merito. Poi mi piacciono un sacco le storie sulle sirene.



5. sona ha scritto:

9 dicembre 2015 alle 11:02

“Preferiresti avere Gomorra o Il segreto?”
Cioè: per pranzo ti va la carbonara o i sassi?

Comunque intervista molto interessante. Mostra bene il limite che c’è in Italia nelle produzioni di fiction, che spesso vanno in malora perché passano anni da una “stagione” a un’altra e con i cast completamente stravolti.
Curiosa anche io per questa Sirene, adoravo letteralmente Fantaghirò da bambina.



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