La curiosità è donna, come Chiara Giallonardo. La conduttrice di Linea Verde Orizzonti – in onda ogni domenica dalle 10.00 alle 10.30 su Rai1 - nei suoi viaggi alla scoperta dei borghi d’Italia si lascia infatti guidare dall’interesse per le vicende umane di chi quei luoghi li abita e li rende speciali. Come racconta a DM, sono le storie di vita ad appassionarla e a costituire vero il leit motiv del suo racconto itinerante. Per la seconda stagione consecutiva, Chiara scopre assieme al pubblico le tradizioni gastronomiche, artistiche e storiche del Belpaese, con un approccio che – tiene a precisare – vuole essere il più possibile spontaneo e non didascalico. Nel suo futuro? Sorpresa: il sogno di condurre un game show.
Come procede l’esperienza a Linea Verde Orizzonti?
Io sono arrivata a Rai1 l’anno scorso e direi che sta andando bene. A me piace molto vedere il territorio e raccontarlo senza un copione rigido, soprattutto perché ogni terra ha un odore diverso e la gente del posto ti racconta delle cose incredibili. Ci sono artigiani che, ad esempio, trascorrono la vita cercando di innestare il vino perfetto e ti rendi conto di come la loro realtà sia incentrata sul tipo di terreno dove sono nati.
Quale apporto personale offri al programma?
Quello che cerco di fare io è tirare fuori l’umanità delle persone che incontro, facendo raccontare le loro storie e il loro rapporto con il territorio. Perché, sinceramente, non ci importa di spiegare quanti sono gli abitanti o quanto sono lunghi i fiumi, come accade a scuola o nelle schede di Wikipedia. Quello che cattura l’attenzione sono gli occhi degli abitanti e le emozioni che ti trasmettono quando fanno capire che quello che per te è un dettaglio marginale, per loro è la vita.
Noto che insisti molto sull’aspetto umano dei tuoi itinerari. Hai qualche aneddoto particolare al riguardo?
Ne avrei a valanghe. Il proprietario di una grande azienda vincola, ad esempio, mi ha raccontato come lui e suoi fratelli abbiano scritto un regolamento per cui i loro figli, prima di poter entrare nella ditta di famiglia, debbano laurearsi, con almeno un anno di master all’estero e un’esperienza di lavoro nel settore enologico. In Sicilia, invece, ho incontrato una ragazza che faceva i tappeti con un telaio dell’800 appartenuto a sua nonna. Aveva le mani completamente deformi per il lavoro ma non se ne vergognava, perché le considerava il segno di una tradizione portata avanti nel tempo. Queste cose un po’ ti toccano quando le vedi.