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Nell’Olimpo di Netflix è il Kaos
di Stefania Stefanelli
25/09/2024 - 17:46
© 2022 Netflix, Inc.
3.5 /5
Kaos di nome e di fatto. La serie Netflix incentrata sulla possibile caduta del regno di Zeus (Jeff Goldblum) ad opera di tre mortali è una folle riscrittura in chiave moderna dei miti greci: dissacrante, caotica ma profonda, è senz’altro una delle offerte più originali di quest’anno.
E’ probabile che storici e puristi appassionati della materia storcano il naso per le enormi libertà che Charlie Covell, già creatore di The End of the F***ing World, si è preso per raccontare la vita del Re degli Dei e della sua strampalata “famiglia allargata” nella Grecia di oggi. Tuttavia, sarebbero proprio loro gli unici a poter comprendere fino in fondo tutti i dettagli e le traslazioni di cui sono infarciti gli otto episodi della serie. Perché chi non conosce davvero bene i miti greci, rischia di perdersi dettagli molto importanti dettagli.
Kaos racconta in modo provocatorio il mondo degli dei
L’inconveniente del progetto, grandioso sia per l’idea che per il cast e la messa in scena, è proprio questo: una trama estremamente complicata e carica di rimandi che trovano tutti ragion d’essere nel finale ma che, durante la visione, rischiano di confondere e sembrano essere piazzati a caso nelle varie scene.
L’estrema umanizzazione degli Dei, la fiera delle loro nevrosi e il rapporto menzognero ed egoistico che instaurano con i mortali disegnano poi un quadro provocatorio del concetto stesso di religione. E danno proprio al libero arbitrio di questi mortali, sostenuti da un irriverente e adorabile Prometeo (Stephen Dillane), che è anche narratore della storia, il potere di cambiare ogni cosa.
Ma è la scrittura stessa a cambiare il mito, attualizzandolo e piegandolo senza pietà alle disfunzioni della società di oggi. Così accade che l’amore tra Orfeo (Killian Scott) e Euridice (Aurora Perrineau) si cristallizzi nell’immagine della donna a cui l’amore del suo uomo toglie la libertà di vivere e morire; che Era (Janet McTeer), emblema della fedeltà coniugale, tradisca più del suo Zeus; che Dioniso (Nabhaan Rizwan), sulla carta il più superficiale di tutti e dedito solo al proprio piacere, sia l’unico a sapersi mettere al servizio degli altri.
In sintesi, una serie che val la pena vedere ma complicata da seguire e non priva di lingue mozzate e altre scene splatter disturbanti.
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