Questa sera su Rai1 é andata in onda la prima parte de L’ultimo Papa Re, la miniserie con protagonista Gigi Proietti nei panni del Monsignor Colombo, personaggio reso celebre da Nino Manfredi negli anni 70 con la pellicola di Luigi Magni In nome del Papa Re. Sulla fiction diretta da Luca e prodotta da Roberta Manfredi, entrambi figli dell’indimenticato attore, la Rai ripone non poche aspettative, al punto da stimare un ascolto di 8.500.000 spettatori e del 30% di share.
Previsioni più che rosee, che tengono naturalmente conto della presenza come protagonista principale di Proietti, attore poliedrico da sempre molto amato dal pubblico televisivo. Come non ricordare gli oltre 15.500.000 di spettatori (50,27% di share) che nel 1996 seguirono su Rai2 l’ultima puntata della prima stagione de Il Maresciallo Rocca. Altri tempi e un’altra tv, come dimostrano gli ascolti ben più magri ottenuti dagli ultimi lavori per il piccolo schermo dell’attore romano.
La miniserie Il Signore della Truffa, trasmessa il 4 e 5 ottobre del 2011 sempre su Rai1, si dovette, infatti, accontentare di una media di appena 5.155.000 spettatori e del 18,50% di share. Ascolti per la verità influenzati nella prima serata dallo speciale di Quarto Grado su Rete4 che seguì in diretta la sentenza della Corte di Appello di Perugia sull’omicidio di Meredith Kercher con l’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Andò meglio nell’autunno del 2010, quando la fiction Preferisco il Paradiso, nella quale Proietti vestiva i panni di San Filippo Neri, ottenne un ascolto medio di 6.534.000 e del 25% di share.
Riuscirà L’ultimo Papa Re a ripagare le aspettative della Sipra? In attesa di scoprire il verdetto Auditel, scopriamo cosa accadrà nella seconda ed ultima parte in onda domani sera sempre su Rai1 a partire dalle 21,10.
Nel secondo appuntamento i sensi di colpa assalgono Monsignor Colombo, che si sfoga con il cardinal Baldoni, suo anziano confessore, per non essere stato imparziale, avendo lasciato in carcere gli altri due giovani attentatori. Così, quando si apre il processo a Monti e Tognetti, Colombo decide di difenderli apertamente in aula per sostenere le loro ragioni “patriottiche” nel tentativo di salvarli da una condanna a morte certa. E il tentativo quasi gli riesce, se non fosse che il cardinal Baldoni, determinante nella votazione della sentenza, viene a mancare proprio in aula, colpito da infarto. Viene sostituito da Don Marino, che nel frattempo si è venduto al Papa Nero per diventare cardinale. Monti e Tognetti vengono condannati a morte dal tribunale ecclesiastico, la loro unica possibilità di salvezza è riposta nella clemenza di Pio IX. Il Papa Nero, indispettito dallo “strappo” del coraggioso cardinale, che giudica molto pericoloso per il futuro del suo potere, mette Colombo di fronte a un feroce “aut aut”: dovrà essere proprio lui a convincere l’anziano Papa a non firmare la grazia ai due patrioti. Solo così avrà la certezza di aver recuperato la sua fedeltà e gli permetterà di salvare la vita di suo figlio Cesare.
Ma Colombo non ci sta e fa esattamente il contrario: sicuro del fatto che suo figlio è fuggito da Roma e si è unito ai reparti garibaldini che stanno avanzando, sfida il potente gesuita e chiede a Pio IX di risparmiare la vita ai due giovani, dichiarando che solo un atto di clemenza gli restituirà l’affetto del popolo di Roma. Ma il destino è decisamente avverso: Garibaldi viene sconfitto a Mentana dalle truppe francesi, che sono giunte a dare man forte ai soldati zuavi, mentre Pio IX, succube del papa nero, non firma la domanda di grazia inviata dai condannati. Il Papa Nero vendica così l’affronto fattogli da Colombo, facendo decapitare Monti e Tognetti e facendo uccidere anche Cesare Costa: l’omicidio del giovane appare come un delitto d’onore eseguito dal conte Ricci, convinto che Cesare sia l’amante della moglie. Sconfitto e con la morte dei tre giovani che gli pesa sul cuore, Colombo decide di scrivere al Papa per dimettersi da tutti gli incarichi: d’ora in poi farà solo il prete. E’ lo stesso Papa Nero a mandarlo in esilio, affidandogli una parrocchietta ai confini dello Stato Pontificio, proprio quando Teresa partorisce “suo nipote”, il figlio di Cesare Costa. Il 20 settembre del 1870, ormai invecchiato e malato, Colombo viene raggiunto dalla notizia che Roma è stata liberata dai Bersaglieri, che hanno fatto breccia a Porta Pia. Con le ultime forze, Colombo torna a Roma per festeggiare l’evento con la popolazione e muore felice tra le braccia del suo fedele perpetuo Serafino.
1. Fiò ha scritto:
9 aprile 2013 alle 00:09