Le Iene non sono più quelle di una volta. La scelta editoriale è chiara: i cani sciolti sguinzagliati a metterci la faccia con i loro servizi, in studio una linea più pacioccona e generalista. Dalla scelta di Enrico Brignano alla progressiva girandola di nomi che ha portato alla sostituzione di Argentero prima con Alessandro Gassman e poi con, novità assoluta da marzo, Claudio Amendola deduciamo che la comicità quest’anno batta solo all’ombra del Cupolone.
Quando ci sarà la reunion un po’ in salsa Cesaroni tra Claudio ed Enrico, anime calcistiche contrapposte della Capitale, l’effetto più da salotto del Costanzo Show che da spettacolo d’assalto di Davide Parenti sarà dietro l’angolo. A questo punto sembra lecito chiedersi: per quanto i cambi d’identità di rete siano spesso letali ai prodotti e visto lo sciacquare dei panni nel Tevere, perché non tentare il colpo di reni definitivo lanciando Le Iene in questa nuova veste più da varietà sulla rete ammiraglia?
In filigrana l’innovazione di questa stagione porta i germi di una satira meno graffiante dal punto di vista politico (una conseguenza diciamo tecnica?) ma piuttosto tendente al ritratto di costume. Che parli dei black block o della domenica d’agosto sul pulmino per Ostia o Ladispoli con le ascelle pezzate i monologhi di Brignano hanno ‘tradito’ la vocazione originale.
Se il gap tra quello che è stato Fabio Volo e quello che, a occhio, potrà essere un Claudio Amendola non fosse già importante di suo ci si mette la scelta di giocare sempre di più sulla maturità d’intrattenimento, quasi più teatrale che televisiva, a scapito dell’appeal del programma presso un target più giovane.
Diciamo anche che spesso proprio i nomadi digitali consumano il prodotto in maniera frammentaria selezionando solo i casi di interesse, in barba alla struttura e agli intermezzi. Sull’asse Garbatella-Parioli, in omaggio a due luoghi simbolo della Roma televisiva, poli e anime della romanità sembra giocarsi tutta questa nuova linea editoriale. Rimane il tradizionale vestito nero, nel buon solco dell’omaggio tarantiniano, ma sotto alla camicia bianca più che un cuore da iena rugge un’anima da Roma capoccia, da figli della lupa.
1. DUrsino ha scritto:
23 febbraio 2012 alle 13:28