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febbraio

Intervista a Diodato: «La mia canzone di Sanremo ‘c’est moi’. Scommetto su me stesso e sui Negramaro»

Diodato

Diodato

Con lui si apriva il primo Festival di Amadeus. Era il 2020 e la sua Fai Rumore, qualche settimana dopo, sarebbe diventata una colonna sonora per tanti italiani durante la pandemia. Quattro anni più tardi, Diodato si ripresenta in gara con Ti Muovi, brano che lo rappresenta e con il quale spera di vincere la competizione con se stesso. DavideMaggio.it ha intervistato Antonio Diodato, alla vigilia del ritorno al Festival di Sanremo.

Da Fai Rumore a Ti Muovi. Nel titolo sembra esserci un link, nelle canzoni pure?

Dici che chi si muove fa rumore? Da quel punto di vista, un link c’è sicuramente però nel primo caso c’era il desiderio di sentire un rumore, qui il rumore c’è già ed è inaspettato, arriva improvvisamente a creare degli squilibri e lo squilibrio porta al movimento. Quindi può essere una cosa molto bella e positiva, sicuramente è qualcosa che ti pone davanti a delle domande ed è quello che faccio in questa canzone. Sono domande che faccio ad una persona ma forse anche a me stesso. Credo che sia una canzone che in qualche modo, anche musicalmente, parli di una liberazione o forse di abbandono ad alcune sensazioni.

Flaubert diceva a proposito del suo personaggio più famoso: “Madame Bovary c’est moi”. Potresti dire lo stesso per questa canzone o c’è qualche canzone che ti farebbe dire ‘c’est moi’?

Beh questa canzone sicuramente c’est moi. Ma penso che anche se dovessi parlare di una sedia in qualche modo metterei me stesso in quella canzone, in quella visione. Mi sento pienamente rappresentato da Ti Muovi e spero che questa cosa venga fuori sul palco del Festival.

E’ una sorta di dialogo tra due persone, tu quale controparte sei: quella che vuole lasciare andare o l’altra?

Il gioco sta proprio in questo, nel senso che mi riconosco in entrambe le parti e soprattutto credo di essere stato in entrambe le parti anche in momenti diversi della mia vita. E’ una canzone quindi che mi mette in contatto con diversi momenti della mia vita. Questo è un momento in cui c’è una bella armonia, in qualche modo ho un filo paura che le cose, che comincio a sentore dentro di me, che un po’ racconto in queste canzoni, possano andare a creare degli squilibri ma ho imparato che per muoversi, per andare avanti, devi perdere un po’ l’equilibrio. Quindi va bene così.

Ma lo dici perché hai una relazione stabile che temi di perdere?

No, no, non ho una relazione stabile però sto facendo tanti ragionamenti.

Hai detto che non senti la gara ma sei in competizione con te stesso. Fai Rumore si è classificata prima ed era un bel pezzo, come lo si supera?

Sarà sempre una bella competizione anche rapportarsi a cose che ho fatto in passato e sarà bella perché è una competizione con me stesso. Nella scrittura penso che ci sia un percorso e ora sento che è una tappa che è molto rappresentata dalla canzone che porto quest’anno al Festival, non che non mi senta rappresentato da Fai Rumore, La Vita è Meravigliosa, da quelli che sono stati i miei successi importanti nel passato recente, ma sento che in qualche modo c’è una sorta di evoluzione che non passa dai canoni della bellezza o dell’incisività a tutti i costi. Per esempio l’album Così Speciale, che è così speciale per me ma che è molto più introverso in certi casi, ha una delicatezza che mi sembra molto bella e ha anche un’apertura in cui mi riconosco tanto e che mi è servita a crescere umanamente. Quindi io lo vivo come un progresso umano, non mi preoccupo tanto della questione numerica né dalla reazione altrui a quello che faccio. Sarebbe un errore.

Siamo sicuri che sia cambiato Sanremo o ad esser cambiata è la musica?

Credo sia cambiato sicuramente un po’ il Festival, anche nella scelta della musica. Forse noi non ci rendiamo tanto conto che molta della musica che è passata negli ultimi anni a Sanremo, negli ultimi 7-8 anni, è musica che prima era molto lontana dal Festival. Abbiamo ascoltato artisti che prima difficilmente sarebbero saliti sul quel palco con quelle canzoni e questo ci deve far pensare ad un cambio proprio di approccio da parte del Festival. Poi è chiaro che non c’è tutta la scena della musica italiana però in questi anni ne è passata gran parte. Credo che questo sia un gran merito dei direttori artistici che si sono alternati, credo sia davvero cambiato ed è il motivo per cui tanti artisti ci vanno.

E il fatto che siamo nell’era dello streaming per cui il big faccia più fatica o che pezzi come ballad, come il tuo, facciano più fatica in radio o streaming, non c’entra nulla? il palcoscenico può essere funzionale.

Esattamente il palcoscenico può essere un bellissimo modo per dire anche chi sei, cosa hai scelto di fare ed è bello che trovino spazio sul palco realtà, se vuoi, anche un po’ come la mia, perché sono realtà che esistono nel panorama della musica italiana.

Tra le ricerche di Google che ti riguardano, a parte la tua età…

Perché tutti dicono non è vero, non è possibile.

Diciamolo che hai 22 anni!

No, 24.

L’altra cosa che si cerca è: “Chi ha scoperto Diodato?”. Te lo chiedo.

Non so per quale motivo. Non lo so chi mi ha scoperto, ho fatto tantissimi incontri molto importanti nella mia vita e devo dire che ci sono state persone che, in qualche modo, mi hanno permesso di crescere, di arrivare dove sono oggi, di fare esperienze importanti, come nel cinema, mi viene in mente il primissimo Daniele Lucchetti ma anche Ozpetek è stato importante. Non c’è uno scopritore reale, anche se penso al mio primo produttore artistico Daniele Tortora. E’ stato sicuramente una persona importante con cui cominciare, poi è chiaro che sei sempre il responsabile di ciò che accade, sei tu che devi scrivere delle canzoni e portare avanti una tua idea. Ho avuto la fortuna di trovare persone molto simili a me con cui mi sono trovato molto bene, che mi hanno permesso anche di crescere e arrivare ad altre persone.

Tu non hai partecipato all’Eurovision perché quell’anno è saltato a causa del Covid. E’ un rimpianto?

Io non ho partecipato all’Eurovision ma è come se avessi partecipato a due piccoli Eurovision, mettiamola così. L’esibizione all’Arena di Verona è una delle cose più importanti che ho fatto nella mia vita artistica, forse non solo artistica, è stata una delle cose più belle dal punto di vista umano ed è diventata qualcosa che non mi aspettavo cosi forte, potente. Mi ha permesso di girare il mondo. Anche la partecipazione a Torino è stata qualcosa di molto potente. Non ho gareggiato in quanto vincitore ma ho avuto modo di interagire con quel mondo lì e continuo a farlo anche partecipando a manifestazioni in giro per l’Europa.

Hai 50 euro da scommettere sul vincitore di Sanremo. Su chi punti? Puoi scommettere anche su te stesso.

Scommettere su me stesso sarebbe un bel azzardo nel senso che so che le quotazioni sono molto alte, quindi guadagnerei un po’ di soldi, correrei un po’ il rischio e farei così. Altrimenti, non lo so, punterei per gioia di condivisione su qualche artista amico, sui Negramaro, con cui ho fatto un po’ di strada insieme. Quindi sarebbe bello gioire sia per la vittoria di una scommessa che per loro.

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