11
maggio

A modo mio: su Rai3 cinque storie di personalità «oltre le regole»

Francesco Vezzoli, A modo mio

L’artista visivo, la religiosa, il costumista, la performer, il tatuatore. Cinque personalità originali, capaci di uscire da regole e schemi precostituiti e di gettare uno sguardo innovatore verso i rispettivi ambiti di appartenenza. Le loro storie saranno al centro delle cinque puntate di A modo mio, una nuova serie di documentari in onda da oggi in seconda serata (ore 23.10) su Rai3.

Il programma racconterà le scelte intellettuali, etiche ed artistiche di cinque persone che, attraverso una continua ricerca individuale, si sono sapute riscoprire e ri-orientare. Uomini e donne che si sono avventurati in un processo di ricerca che li ha portati in uno spazio aperto e libero, immateriale, che rimanda alla spiritualità.

I nostri protagonisti sono dei monaci della loro passione: carismatici, integri, dai caratteri in­tensi, vivono il proprio lavoro come una missione che trascende i fini più immediati. Con un obiettivo chiaro in mente: quello di svolgere la loro funzione in modo personale, fieri della propria individualità, proprio perché solo fuori dalle categorie, siano esse di sesso, di razza o di classe, ciascun individuo trova la propria affermazione

si legge in un comunicato che presenta il ciclo di documentari. Chissà se la messa in onda sarà più lineare e concreta delle anticipazioni.

Rai3, A modo mio – i protagonisti

La prima puntata avrà come protagonista l’artista Francesco Vezzoli. Bresciano, 46 anni, assieme a Maurizio Cattelan è l’artista italiano che gode di maggior successo e rispetto in ambito inter­nazionale. La sua opera esprime una continua urgenza di ricordare, rielaborare, reinventare le icone mitiche del cinema internazionale, da Gore Vidal a Sophia Loren, da Helmut Berger a Veruschka. Una figura originale e controversa, amatissimo dalle star di Hollywood e dalle popstar più glamour. John Maybury lo ha definito “pushy little shit” (piccola merd@ invadente). Qualsiasi artista vorrebbe celare questa definizio­ne poco edificante, ma lui ne ha fatto un inno di battaglia.

Vezzoli non ama entrare nel merito del valore arti­stico di quanto crea, preferisce sottolineare il fatto di averlo creato e basta: l’opera sta proprio lì. Come quando trasformò il Museo Guggenheim di New York in un gigantesco Palasport, per una mostra con una Anita Ekberg seduta a fare da opera, il pubblico pagante a guardare direttamente l’allestimento e la miriade di vip a fare la fila fuori, furibondi.

Seguiranno i racconti delle vite di Teresa Forcades, monaca benedettina, laureata con una tesi sulle medicine alternative, molto attiva nel campo degli studi di teologia femminista. Interessata a temi come la difesa dell’aborto, la bat­taglia contro la lobby delle industrie farmaceutiche, la difesa del mondo GLBT. Un’altra protagonista sarà Silvia Calderoni, performer. La sua vita, afferma, è un atto politico.

Un altro appuntamento sarà dedicato a Pietro Sedda, laurea in scenografia all’Accademia di Brera. Inizia a tatuare nella sua Oristano, poi a Urbino, Milano e Londra. Per lui il corpo è pensiero, indipen­dentemente dalla nostra volontà. Il corpo esercita il suo diritto di comunicazione che prescinde dal nostro intelletto, e quella del tatuaggio è forse la for­ma più antica e arcaica d’espressione che conosciamo.

Infine il racconto di Carlo Poggioli, costumista, figlio di un prete “spretatosi” per amore. La sua vita è stata, ed è ancora, una continua scommessa per intraprendere nuove strade, sempre al servizio di una smodata passione per lo spettacolo, sempre con il desiderio di regalare al pubblico la possibilità di trasformare il sogno in realtà.

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