La sindrome dei neologismi inoffensivi (o presunti tali) non poteva non colpire anche il Festival di Sanremo.
Un pò come gli spazzini che ora vengono definiti operatori ecologici, anche le presenze femminili della kermesse canora da un po’ di anni vengono definite co-conduttrici ma nella sostanza sempre vallette rimangono, con tutto il rispetto per il ruolo!
Una bionda e l’altra bruna, l’una italiana, l’altra straniera, in un binomio quasi religioso, imprescindibile e allo stesso tempo caratterizzante per il palco del Teatro Ariston.
Dopo alcune infelici parentesi in cui il binomio aveva ceduto il posto a soluzioni differenti, quest’anno Bianca Guaccero e Andrea Osvart hanno riportato l’antica tradizione sul palcoscenico più importante del belpaese.
Ma come ad Amici il pubblico di Maria De Filippi è diventato tutt’a un tratto parlante, allo stesso modo le vallette di Sanremo hanno conquistato un posto decisamente diverso nella kermesse canora. O quanto meno ci hanno provato.
Vallette non più impacciate, non più portatrici sane di gaffe e perfette “portavoci” dell’eleganza della moda italiana ma aspiranti showgirl da lanciare o attrici da confermare.
E così accanto alla presentazione del cantante di turno e alle piccole “battute comandate e studiate” insieme a Pippo Baudo e Piero Chiambretti, Bianca e Andrea hanno potuto dar prova delle proprie qualità.
Ma a me, con tutta l’ammirazione possibile, non è piaciuta la presenza di questi “siparietti promozionali” che hanno allungato il brodo e oltre a non risultare essenziali non hanno fornito al Festival un valore aggiunto.
Performance che non hanno contribuito a cancellare un giudizio poco esaltante sulla Osvart o a plasmare un parere a tratti positivo a tratti no sulla bella barese.
Probabilmente creava più attesa la fatidica discesa dell’immancabile scalinata quando i maestri della moda italiana confezionavano appositamente degli abiti per la nostra manifestazione musicale più importante. Ma è venuta meno quella ritualità che accostava la valletta del Festival alla Madre Natura di Ciao Darwin (di cui è rimasta traccia, però, nei ballerini “presi in prestito” da Bonolis), ovvero una bellezza eterea pronta a dare sfoggio di questa sua qualità ammaliante senza per questo dover o voler dimostrare nulla. E soprattutto non a tutti i costi come invece è avvenuto in questo caso.
Performance senza appeal, decontestualizzate rispetto al Festival e arraffazzonate da un punto di vista squisistamente artistico, tese a far conoscere meglio Andrea e Bianca al grande pubblico.
Annedoti di “vita vissuta” citando un vecchio programma, balletti dallo spirito campanilistico, arricchiti da un “bel canto” supportato da improbabili playback. A quale scopo non si sa, dal momento che, almeno in linea di principio, alle due vallette o co-conduttrici che dir si voglia, si dovrebbe richiedere una conduzione garbata, piacevole senza troppi guizzi di personalità.
O almeno così dovrebbe essere nel corso di una kermesse canora, dove i conduttori, vallette comprese dovrebbero mettere la loro popolarità e le loro capacità al servizio del tema centrale del Festival.
Per dirla col claim di questa edizione del Festival di Sanremo, la parola dovrebbe andare alla musica!