The Quarterback



16
ottobre

GLEE 5 – LACRIME DA QUARTERBACK

Glee 5 - The Quarterback

Capita spesso che i personaggi delle nostre serie preferite escano di scena, lasciando un vuoto incolmabile tanto nel plot della storia, quanto nei nostri cuori. E’ successo con Stephanie Forrester in Beautiful, con Ned Stark in Game of Thrones o con Mike Delfino in Desperate Housewives. Ma cosa succede quando quel personaggio abbandona non solo il set che l’ha reso celebre, ma anche il mondo reale, costringendoci a non vederlo mai più? Ebbene, “The Quarterback”, l’episodio tributo a Cory Monteith di Glee, risponde a questo interrogativo.

Glee 5 – la morte di Finn

Tutti (o quasi) i personaggi che hanno preso parte alle stagioni delle serie ritornano, ancora una volta, al McKinley per rendere omaggio al loro leader. Sono vestiti di nero, gli occhi sono lucidi, la voce spezzata, ma è chiaro che la loro missione è solo una: onorare la memoria del proprio compagno con la musica. Grazie alla maglia da gioco di Finn, vera testimone del dolore sfogato da ciascun compagno d’avventura, siamo in grado di entrare nella psiche dei suoi amici, di rievocare i ricordi delle passate stagioni e di scoprire in che modo il personaggio affronterà il dolore. Da Kurt che conserva la lampada barocca “da finocchio” che Finn non gradiva nella prima serie, a Puckerman che sradica l’alberello commemorativo piantato nel cortile della scuola da Sue Sylvester fino al Professor Schuester, colpevole di aver rubato la divisa da quarterback di Finn e di affogare, a fine puntata, il suo pianto su quel pezzo di stoffa.

La commozione c’è e si vede, ma è proprio quando pensiamo che sia tutta una recita che ci rendiamo conto che non vedremo più il sorriso sprezzante di Cory e, questo, i membri del cast lo sanno bene. Ecco perché ogni canzone, ogni lacrima, ogni dialogo ci emoziona fino a farci dimenticare il resto e a pensare a quanto Finn fosse importante per tutti. La scelta di non rivelare le cause della morte è coraggiosa, ma condivisibile, d’altronde aveva ragione Kurt quando afferma che “non importa come sia morto, l’importante è come ha vissuto”.

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