Di Vegastar si parla poco. A differenza di altre agenzie che gestiscono artisti, la cifra scelta è sempre stata quella del low profile anche quando ci sono 40 anni di storia da festeggiare e una fortunatissima edizione di Sanremo, condotta dall’artista più rappresentativo della società: Carlo Conti.
DM ha intervistato Silvio Capecchi, amministratore unico e figlio del fondatore Fernando Capecchi, che ci ha parlato del suo lavoro da “impresario” e ha colto l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa…
Vegastar compie 40 anni ed è in piena forma. Qual è stato il segreto di tanta longevità?
Il segreto fondamentalmente non c’è. Forse rimarrai deluso, ma è il duro lavoro, lavorare a testa bassa, credere in quello che facevamo e che facciamo, non curarsi delle polemiche – perché ne siamo stati sempre fuori e non ci interessano – e accettare le critiche costruttive. Cercare, dunque, di lavorare in maniera onesta, con determinazione e coerenza.
In effetti il “low profile” è una delle vostre cifre distintive ed è il motivo per cui il pubblico vi conosce poco.
Sì, c’è sempre interessato il lavoro, che facciamo con passione. Del resto oggigiorno è tutto più complicato e difficile, se non hai la passione non puoi farcela. E’ un lavoro che sacrifica tanto il privato e quindi devi essere disposto a rinunciare ad un po’ di cose. C’è sempre interessato lavorare e portare avanti dei progetti, e i nostri artisti condividono e sposano questa filosofia al 100%.
Fate anche da talent scout, proprio oggi si conclude una tre giorni di casting.
Sì c’è stata una bella risposta e abbiamo provinato persone provenienti da tutta Italia. Credo sia la nostra particolarità che ci contraddistingue rispetto agli altri. Il mio babbo (Fernando Capecchi, ndDM) mi ha sempre detto: “guarda che noi siamo impresari e non siamo agenti”. Lui dice che l’impresario costruisce, l’agente rappresenta. Il mio babbo è prima di tutto un talent scout: all’epoca aveva l’ambizione di creare un’azienda importante però era impossibile avere con sé gli artisti importanti. A quel punto ha pensato che “creando” artisti avrebbe avuto un’azienda di un certo tipo tale da attrarre personaggi già affermati.