Sibilla



8
febbraio

SANREMO HORROR STORY: L’”OPPIO” DI SIBILLA

Sibilla

Che Battiato sia un guru è appurato. Come Sai Baba materializzava la polvere sacra dal palmo della mano, Battiato riesce ad estrarre dalla sua penna opere d’arte colte e raffinate, irrorando di luce chiunque collabori con lui (si ricordi l’apparizione X-Files al Festival dello scorso anno). Orbene, nel 1983 è capitato che il Maestro, più che materializzare polvere, sia riuscito a polverizzare la carriera discografica di una promettente cantante. Il tutto con un brano, “Oppio”, proposto al Festival di Sanremo dalla giovane Sibilla.

Narra la leggenda festivaliera che il “Caso Sibilla” sia ad oggi uno degli episodi più inquietanti e misteriosi avvenuti sul maledetto palco dell’Ariston, assieme alla scritta “BASTARDO” comparsa inspiegabilmente sul deretano di Marcella Bella e all’abito di Loredana Bertè realizzato con le federe e le tende della sua stanza d’albergo.   Leggiamo da Wikipedia che la performance di Sibyl Mostert, in arte Sibilla, nata in Zimbabwe nel 1955, venne compromessa da un problema tecnico con la base. Un esordio sfortunato che le costò l’eliminazione immediata. Un “dannato incidente” secondo gli esperti dell’epoca. Sta di fatto che Sibilla beccò meno note di quante ne prenderà poi nel 2010 Emanuele Filiberto con “Italia Amore Mio”.

I letterati della canzonetta ci ricordano come “Oppio” presentasse al suo interno una serie di citazioni colte, tra le quali quella del ritornello, “Uru belev sameach, estratto di un canto popolare ebraico che significa “Svegliatevi col cuore allegro”. Peccato che Sibilla quella frase la pronunciò posseduta dagli spiriti (e dalle voci) di Marina Ripa di Meana e Rosa Russo Iervolino e con la stessa allegria con cui il Ministro Fornero pronuncia la parola “sacrifici”.

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