Scandal
Per gli addicted alle serie tv, la prima puntata di Scandal (andata in onda, ieri, martedì 13 novembre alle 21:55 su Fox Life) è una di quelle situazioni da red carpet, vista la massiccia comunicazione che ne ha anticipato la partenza. Guardandola è inevitabile fare un paragone con la realtà italiana, sebbene, negli Stati Uniti, dove non è che i politici pensino solo a fare le leggi, il concetto di scandalo mantenga comunque una certa dignità senza cadere nel pecoreccio a cui siamo stati abituati nel corso degli anni per le vicende di casa nostra. Per più di un politico, comunque, la serie tv dovrebbe essere portatrice sana di un suggerimento. Forse ci sono modi alternativi e più professionali per far tacere uno scandalo, prima di arrivare alla modifica coatta degli alberi genealogici della gente e inventare improbabili parentele.
Olivia Pope è una donna potente e sicura di sè, una di quelle che ogni donna vorrebbe essere, che, coinvolta sentimentalmente con il Presidente degli Stati Uniti, abbandona il suo lavoro alla Casa Bianca per mettersi in proprio e aprire uno studio che gestisce le situazioni di crisi di personaggi particolarmente potenti. Sembra una donna senza scrupoli e invece nel corso della puntata emerge il suo lato sentimentale e quello di donna che, se ferita profondamente, diventa una vendicatrice. Certo, siamo a Washington vicino la Casa Bianca, e quindi il concetto di vendetta è meno “domestico” di quello a cui potrebbero pensare le donne comuni. La reazione di Olivia Pope è infatti quella di accettare come cliente la donna che può portare la rovina dell’uomo che l’ha fatta soffrire. D’altronde, l’uomo in questione è il Presidente degli Stati Uniti, mica uno sfigato qualsiasi, e quindi per vendicarsi bisogna pensare a soluzioni più creative che pubblicare un post minatorio su facebook.
Nella stessa puntata, parallelamente, lo studio di Olivia si trova a risolvere un caso particolarmente delicato. Bisogna scagionare un militare decorato dell’esercito americano dall’accusa di omicidio della sua fidanzata. Il ragazzo, dichiaratamente repubblicano, sembra non avere un alibi, fino a quando la squadra “in doppiopetto” di Olivia scopre che il suo alibi è un altro uomo. Negli Stati Uniti, l’omosessualità nell’esercito è uno di quei temi politicamente scorretti, come potrebbe esserlo in Italia quello dell’omosessualità negli spogliatoi calcistici o in qualsiasi altro ambito. Quindi, se non avete vissuto l’enfasi della dichiarazione finale del soldato eroe che si dichiara orgoglioso di essere omosessuale, immaginate al suo posto un calciatore che lo fa in conferenza stampa dopo una partita!