Eravamo stati profetici con il nostro monito alla delicatezza sulla questione. Il dibattito sulla morte tragica di Luca Rosi approda a L’Italia sul 2 e tocca a Milo Infante gestite la ‘patata bollente’ servita dal susseguirsi delle opinioni in studio. Per smorzare qualche accelerazione di foga nell’ambito di un apprezzabilissimo (quasi psicanalitico) interrogarsi sul perché di tanta violenza il conduttore si sente in dovere di controbilanciare la tentazione a chiudersi nel vicolo cieco della rabbia.
Ci tiene a precisare Infante. Comprensibile la paura e l’indignazione dei perugini e degli ospiti in studio, ma guai a mettere da parte la lucidità e la memoria. Sulla questione slavi tanto si dice e si racconta, con tanto di recriminazioni su patteggiamenti, indulti e svuotacarceri. Nessuno però ricorda che anche gli italiani non siano stati spesso esemplari. Cattivi gli stranieri malevoli, ma forse tanto quanto i nostri connazionali che delinquono. Correttezza obbliga a non vedere travi laddove ci siano pagliuzze, o viceversa.
Allora il giornalista precisa:
”Non ci dimentichiamo che siamo il Paese dell’Anonima Sarda e della ‘ndrangheta”
Probabilmente non si attirerà le simpatie popolari con questo inciso ma per chi guarda più a fondo non si può che ribadire la professionalità di un uomo che non teme di fare il proprio mestiere, infischiandosene di apparire sempre e a tutti i costi come il buono, il vicino di casa, l’amico della domenica. Non è lì per quello, del resto.