Gaetano Morbioli



8
marzo

THE VOICE: TRE REGISTI PER UN PROGRAMMA #TVOI

The Voice

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Ci è sorto un piccolo dubbio mentre scorrevano i titoli di coda della prima “scoppiettante” puntata di The Voice: tra gli autori, oltre ovviamente a Pasquale Romano e Marco Tombolini nel duplice ruolo di produttori, figurano anche Sergio Japino e Gaetano Morbioli. Nulla di strano, sia chiaro: Japino è un collaboratore storico di Raffaella Carrà che, come vi abbiamo già accennato, non muove un dito senza il suo gruppo di lavoro (sue tutte le edizioni di Carramba praticamente), Morbioli invece è il socio di Gianmarco Mazzi, anch’esso autore del programma, con il quale produce (con la Run Multimedia) i videoclip di alcuni dei più importanti artisti italiani. Entrambi figurano come autori del nuovo talent show, ma entrambi stranamente non figurano come registi, ruolo per cui a dire il vero sarebbero specializzati.

Il che è un fatto quantomeno curioso: per questa nuova produzione di punta, Rai2 e Toro hanno insolitamente deciso di puntare su Sergio Colabona, regista del Grande Fratello e, dall’addio di Roberto Cenci, di Ti lascio una Canzone, fortemente voluto da Antonella Clerici con cui già ebbe il piacere di collaborare. Ora, se bisognava andare a pescare all’esterno dell’azienda pubblica, una scelta che in questo caso condividiamo per una questione di mera competenza, non sarebbe stato più sensato pescare direttamente all’interno del proprio entourage?

E se lo stile (assolutamente inconfondibile) di Japino, che è stato regista di Fantastico e di tutte le edizioni di Carramba, oggi si potrebbe definire un po’ datato, quello di Morbioli – classe 1967, veronese doc – invece si sarebbe adattato perfettamente ad un programma musicale come The Voice. E dire che in questo campo è indubbiamente tra i migliori, assieme al già citato Roberto Cenci e al mai troppo considerato Paolo Beldì, facendosi apprezzare, oltre nella regia dei videoclip di cui è un maestro e cultore indiscusso, soprattutto in DUE, in cui, come ricorderete, riuscì a dar vita ad una regia mai banale, dinamica e se vogliamo molto “concertistica”, nonostante gli spazi all’apparenza piuttosto piccoli del Teatro Camploy di Verona.