Qualche riserva c’è, ma i motivi per guardarlo pure. L’appeal di Crossing Lines – che ha debuttato venerdì 14 giugno in anteprima mondiale su Rai2 – è innegabile. La prima puntata convince, grazie ad attori capaci, capeggiati da Donald Sutherland, e grazie alla sapiente mano dell’ideatore Edward Allen Bernero (creatore di Criminal Minds), e ci spinge a rimandare le nostre perplessità alla visione dei prossimi otto episodi.
Il fascino di un cast europeo dove la nostra Gabriella Pession non sfigura (soprattutto memori della prestazione della Canalis in Leverage), e l’idea di un poll di esperti europei conferisce al prodotto un tocco di novità. I fan del procedural avranno modo di apprezzare questa serie, dove il pericolo è globale e il crimine non conosce confini. Le convenzioni internazionali, però, e le maglie della burocrazia, in una selva di leggi e trattati, alzano barriere per le polizie locali, spianando invece la strada ad illeciti di ogni tipo. Tale contesto favorisce la nascita di un’unità speciale anticrimine che opera a livello internazionale e i cui membri sono reclutati nelle forze di polizia di diversi Paesi del mondo.
Lo spettro di Criminal Minds si sente eccome, e non è necessariamente un male a patto che non si indugi troppo su un canovaccio ormai logoro. A differenza del celebre serial che nelle ultime stagioni vive un po’ di rendita, Crossing Lines pare soffermarsi più sulla psicologia e le storie di vita del team – ogni membro ha un passato gravoso alle spalle – che sul cattivo di turno. Particolare, questo, che ha l’effetto di allentare il ritmo soapizzando parte del racconto.