Il nostro dito sul mappamondo mediatico del Grande Fratello oggi bacia le sacre sponde di quella terra, tanto suggestiva quanto problematica, chiamata Medio-Oriente. Per chi pensava che le continue faide interne alla regione impedissero all’aereo del reality globale di decollare anche qui deve in qualche modo ricredersi, o quanto meno deve prestare attenzione alle dinamiche sviluppate dal format all’interno di questi paesi.
Arab Big Brother, questo il nome della versione locale dello show, ha avuto vita brevissima sollevando un polverone culturale senza paragoni. L’idea originaria era di creare un reality seriale che avesse come riferimento l’essenza intercontinentale del Grande Fratello africano e del format Superstar, una sorta di American Idol asiatico in cui si erano trovati a gareggiare dodici concorrenti provenienti da sette paesi arabi diversi.
Il destino di durare in broadcasting quanto un gatto in tangenziale incombeva come la famosa spada di Damocle sulla testa della produzione. Proprio per questo le menti creative erano state molto attente a non innescare la miccia delle polemiche, studiando un contesto di azione per i concorrenti che non offendesse la sensibilità religiosa dei vari culti indigeni.
In tale ottica fu partorito un loft alquanto insolito: bagni, camere da letto e stanze di preghiera separate per uomini e donne. La componente rosa aveva il grosso limite di doversi confinare nel gineceo: troppa grazia accedere al salotto dato che proprio le donne avevano avuto persino la deroga di potersi vestire quasi come delle occidentali. Ma niente da fare comunque: condanna di ferro da parte dei Talebani che vi hanno visto un ennesimo “sporco tentativo” di globalizzazione. Fiumi di manifestazioni hanno bloccato lo show con l’accusa di proporre contenuti inaccettabili per il sano mondo dei valori islamici.
Un intellettuale fondamentalista ha parlato (e riportiamo testualmente le sue accuse) di minaccia all’Islam essendo questo una forma di intrattenimento per animali ritenendo improponibile una promiscuità così intensa nella vita di gruppo. Precisiamo che non c’è stato nessun amorazzo o avvicinamento notturno. Se ci fosse stato un minimo di quello che è successo in Olanda sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale. Inaccettabile per la sharia, e dunque anche per la tv, la concessione del volto scoperto alle donne.
Nemmeno il tempo di eliminare i primi nominati, la produzione dopo soli undici giorni ha rinunciato a proseguire per evitare ulteriori disordini civili nei paesi dei concorrenti (Oman, Somalia, Arabia Saudita, Egitto, Libano, Kuwait, Tunisia, Iraq, Giordania, Siria, Bahrain). La grande scommessa dunque di mettere assieme anche Sunniti e Sciiti. La molla dell’opposizione è scattata proprio nello stesso Bahrain in cui si era costruito tutto l’apparato della casa con l’appoggio dei businessmen locali che vedevano, come per la Formula Uno, un grande volano per lo sviluppo economico. Il ministro delle Comunicazioni ha dovuto infatti chiedere lo stop per placare i pericolosi fermenti interni che osavano già pensare alla resistenza armata per respingere quello che loro definivano un tentativo di corruzione della gioventù musulmana.
La partita politica e culturale che si gioca durante il periodo di trasmissione del reality (l’ormai prossimo Grande Fratello 10 non passerà indenne al setaccio) è ormai delicata ovunque perché, data l’entità mediatica, nessun partito ideologico vuole rischiare di perdere la propria posizione nello scacchiere sociale di ogni paese. Di qui il continuo e diffuso gridare allo scandalo. Ma la resistenza islamica al format, di lì a poco sarebbe diventata infatti una sorta di casus belli, è un capitolo di storia della televisione e della morale che lascia sbalorditi e che forse dovrebbe far rflettere qualche benpensante che, dietro i rimbrotti di licenziosità della nostra tv, rischia di diventare illiberale, non meno di quei popoli che condanna per la loro intolleranza.
[Per la storia del reality in Olanda clicca qui, in Africa clicca qui, nelle Filippine clicca qui]
1. giulia ha scritto:
24 agosto 2009 alle 18:20