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Supersex: Netflix fa cilecca con Rocco Siffredi

Mattia Buonocore

di Mattia Buonocore

13/03/2024 - 13:21

Supersex: Netflix fa cilecca con Rocco Siffredi

2 /5

La serie si chiama Supersex. Racconta la vita del p0rno attore italiano più famoso di sempre, Rocco Siffredi, negli anni d’oro del cinema a luci rosse. È su una piattaforma streaming, Netflix, ha richiesto un budget di oltre 26 milioni di euro ed è frutto del lavoro di due produttori rivali, Lorenzo Mieli e Matteo Rovere, che si sono messi insieme per l’occasione. Ti aspetteresti i fuochi d’artificio, un trionfo di dionisismo e di (a)morale, di illusione e disillusione, una grande storia pop. E invece ti imbatti in un romanzo familiare dal sapore melò che parte noioso, prende vigore per poi tornare ad ammosciarsi nel corso di sette puntate.

Non c’è il friccicorio del sesso ma neanche, al contrario, l’aspetto più malinconico che risiede nella fugacità. Né peccato né orgoglio. La serie dà una connotazione diversa al Rocco Siffredi che tutti conosciamo, il che non è necessariamente un male anche se, ad una certa, avremmo voluto ricollegare i puntini.  È la storia di una famiglia complessa in cui Rocco appare sempre pronto a dispensare pillole di saggezza, con improbabili pensieri fuori campo che lo rendono un campione di onanismo… mentale. Il personaggio interpretato da Alessandro Borghi, nella sua età adulta, si  muove come un’Alice nel paese delle meraviglie in un mondo malato e di anti eroi. C’è sempre un tormento di fondo in lui che si evince, e ti fa affezionare a lui, pronto tuttavia ad essere banalizzato all’occorrenza quando, ad esempio, in maniera teatrale lascia la donna che sarebbe diventata la sua futura moglie perché “io amo la figa”!

La parte migliore è quella in cui Rocco incontra Moana Pozzi, bastano poche battute per restituire un pizzico del mito dell’attrice scomparsa. Il racconto familiare, per quanto complesso, lascia un po’ dubbiosi soprattutto perché si tratterebbe di una storia vera. L’impressione è che, in un mondo seriale in cui tutti devono diventare eroi (anche l’attore a luci rosse), la finzione abbia preso il sopravvento per il gusto di dare un allure d’autore a quella che non voleva essere solo una storia di sesso.

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