Finite le celebrità, ora tocca ai giovani immergersi in ambienti inusuali. Dopo isole, fattorie e case spiate, ora è il momento di collegi, caserme e, persino, conventi. Cavalcare un filone non è un peccato, quello che è diabolico è perseverare proponendo schemi identici. Ed è quello che non è accaduto a Ti Spedisco in Convento: a differenza de La Caserma (che scimmiotta senza successo il riuscito Collegio), si stacca dal predecessore illustre e lascia il segno.
Che funzionasse lo si era capito, che partisse così a razzo non era scontato: nell’emblematica serata di Pasqua, Real Time ha spedito i telespettatori nel suo convento con un ragguardevole 3.8% di share nei due episodi trasmessi. Il format, Bad Habits Holy Orders, mette al centro le storie, livellando progressivamente la dirompente dicotomia tra sacro e profano. Di conseguenza, il confronto vince sullo scontro. Più che le cattive ragazze, che pure piacciono, sono le suore a dare forma e spirito al programma.
Da un lato c’è un immaginario collettivo legato alla nostra forte tradizione cattolica, dall’altro la loro presenza è garanzia di autenticità. Seppur con la mediazione televisiva, l’ambientazione di Ti Spedisco in Convento è reale, non si tratta di un microcosmo ricostruito. Una verità che ha come prezzo da pagare maggiori difficoltà autoriali o di composizione del cast (manca la suora cattiva!). Come le star, del resto, le suore non si piegano così facilmente ai “trucchi” della televisione. A livello di racconto, si sente una mancanza di una marcata linea comedy che faccia anche da bilanciare alla graduale “mutazione emotainment” del programma. E, va detto, alcuni momenti potevano essere più efficacemente scanditi. Ma nel complesso la resa è più che promossa.
A completare la santissima trinità del successo, in aggiunta a format e realizzazione, c’è la rete: dopo una breve esclusiva su Discovery+, il reality ha trovato la sua casa perfetta in Real Time. Come ribadito più volte su queste pagine, il canale 31 non è interviste, non è celebrità, non è studio, non è musica; generi che negli ultimi anni gli hanno regalato ben poca fortuna.