Dalla porta rossa di questo Grande Fratello non uscirà più nessuno e quelle luci sotto le quali è avvenuto di tutto si spengono anche quest’anno inesorabilmente, a ricordarci crudelmente che lo spettacolo, eccezionale metafora della vita, prima o poi finisce lasciando solo nella memoria di chi l’ha vissuto qualche traccia indelebile. Tutto un equilibrio sopra la follia, prima di nuove grandi avventure catodiche, e non, sotto i cieli della vita.
Una finale giocata su buonissimi ritmi già a partire dalla verve iniziale che ha dato per la prima volta contezza della macchina infernale che sta dietro al reality. Eccezionale poi Bonolis, sempre più benigniano in alcuni sprazzi di comicità, che pur confessando candidamente di essere invischiato nel reality solo per questioni economiche, dà il suo tocco di genialità al dialogo con i concorrenti. Sarebbe bello vedere più opinionisti a commentare le vicende dei ragazzi, Isola style: il contributo del buon Paolino ha dimostrato che in mano ad un vero leader, che sapesse dare una sfumatura più da senso della vita alle storie, si potrebbe volare ancora più in alto. Serata di sorprese, amarcord e volemose bene, dopo tre mesi segnati dal fuoco delle dispute personali dei commedianti per caso.
Il format sempre più people e sempre meno reality ha sbancato sul web e in tv come un esordiente novello, resistendo all’usura del tempo, fatale in altri paesi, proprio per la forza della metamorfosi in direzione di qualche idea di spettacolo già consolidata nelle abitudini italiane da programmi di successo. Pochissime prove e molto talk ben sollecitato: il vecchio tabù del divieto di osmosi interno-esterno mai come quest’anno è infranto per tirare fuori il massimo dei sentimentalismi. I numeri e l’attenzione mediatica danno ragione alla produzione, la fuga dal reality puro soddisfa meno coloro che intravedevano nella nuova forma di narrazione almeno un buon specchio di indagine sociologica.