Avete presente quando la sera, terminata una bella giornata di lavoro, vai a bere qualcosa con un amico e inizi a parlare, parlare, parlare?!? Ecco! Con Marco Bocci è successa una cosa del genere. Il vice questore Calcaterra di Squadra Antimafia – Palermo Oggi 3 non è un tipo che si tira indietro e, pur essendo assolutamente diplomatico, ha avuto modo di raccontarsi a tutto tondo con particolare brio. Il risultato è stata un’intervista fiume che proprio per la sua spontaneità vi proponiamo integralmente, seppur divisa in due parti: una più seria (che state per leggere) e una più divertente, una sorta di ‘dietro le quinte’, che leggerete, invece, domani poco prima del gran finale della fiction della quale è protagonista. La nostra chiacchierata, a dirla tutta, inizia con una confessione di chi vi scrive: Lo sai che sto diventando un fanatico di Squadra Antimafia?
La figata è proprio questa. Squadra Antimafia è apprezzata anche dagli addetti ai lavori, non me lo sarei mai aspettato. Significa che c’è un giusto equilibrio tra un prodotto nazional-popolare ed uno di qualità.
Basta una storia giusta e una buona sceneggiatura?
La penso esattamente così. Sono uno di quelli che crede che alla base di un buon progetto debba esserci assolutamente una buona scrittura, una sceneggiatura forte con una storia che coinvolga. Se non c’è questo, puoi impegnarti al massimo, puoi lavorare con i migliori professionisti ma non si va da nessuna parte.
Gli attori contano poco?
Contano, però è ovvio che in qualche modo debbano essere ‘assistiti’.
Facciamo così, puoi portare con te soltanto una tra Giulia Michelini e Simona Cavallari: chi scegli?
No, vabbè… non puoi. Non ti risponderò mai perchè sono diplomatico. Diciamo che porterei qualcosa dell’una e qualcosa dell’altra.
Sei un paraxxlo!
Assolutamente si (ride, ndDM).
Di sicuro non porteresti Fabrizio Corona…
Sicuramente no. Però, in realtà, io non l’ho conosciuto per niente. Non ho girato con lui nemmeno una scena. L’ho incontrato una volta sul set ed è stato carino ma professionalmente non so nemmeno com’è lavorarci insieme.
Nella scorsa puntata, però, il ritorno del ‘catanese’ è stato accolto dalla squadra della Duomo con un “che faccia da caxxo!”. Sembrava una battuta particolarmente sentita. Quanto c’era di sentito e quanto di scritto?
(ride, ndDM) Vedendo la replica ho avuto la stessa impressione pure io e mi sono detto: “porca puxxana, non e’ che magari è troppo?”. Quando si diventa molto famosi non per essere attori ma per quello che si fa nella vita è molto difficile distaccare il personaggio dal ruolo che sta interpretando. E’ una gran pecca di tutti gli attori che si fanno conoscere un po’ troppo per questioni private. Quando vedi il catanese pensi subito a Fabrizio Corona ed è difficile che non vengano in mente tutti i casini che ha fatto e i problemi che ha avuto.
Tornando a parlare di fiction scritte come si deve, hai recitato in Romanzo Criminale; se dovessi fare un confronto con Squadra Antimafia?
Sono due lavori vissuti in maniera completamente diversa ma mi hanno appassionato tantissimo entrambi. Con Romanzo Criminale ho avuto un approccio un po più ingenuo perchè non avevo alle spalle tutta questa esperienza con la macchina da presa. Riuscire a mantenere un personaggio importante per sei mesi di lavorazione non è stato facile. In più era estremamente delicato, difficile da interpretare. Prima di cominciare a lavorare, infatti, ci siamo fatti lughe chiacchierate con il regista Stefano Sollima per cercare la strada giusta. Dovevamo dargli tanta forza quanta ne aveva la banda perchè tutto era visto con gli occhi di quest’ultima ed era facile empatizzare con loro. Diciamo che da parte mia c’era un approccio da marine: arrivavo la mattina, sapevo dove dovevo andare, cosa dovevo fare. Tutto veniva da un grande ragionamento fatto quasi a tavolino che però ti consentiva di lasciare anche spazio all’istinto. Però c’era la grande emozione del dubbio ovvero: “chissà che cosa sarà sto Romanzo Criminale”.
Romanzo Criminale è stato un cult, ma se vogliamo di nicchia. Squadra Antimafia un po’ meno cult ma ti ha regalato la grande popolarità…
E’ vero fino a un certo punto. Romanzo Criminale è partito come un prodotto di nicchia con tanti punti interrogativi: tanti attori sconosciuti e un regista che sino ad allora non aveva fatto lavori così importanti. C’erano tante speranze ma al tempo stesso era forte il timore di essere la brutta copia di quelli grandi, quelli veri, quelli che avevano fatto il film. Ma dopo il primo mese, già si sentiva il profumo di qualcosa di diverso che stava prendendo la giusta forma. E così, seppur destinato ad un pubblico di 3-400.000 persone, c’è stata un’eco incredibile attraverso internet. E io credo che il successo vero lo faccia quello: non mi è mai più capitato di andare in palestra e vedere scambi di cd, dvd, pennette con le puntate della serie. In questo modo è andata ben al di là della porzione di pubblico alla quale era riservato. Pensa che in Francia, a Parigi, mi fermavano per strada dicendo ‘le commandant’. Romanzo Criminale è qualcosa di più di un semplice lavoro.
Che ne pensi della fiction sulla tv generalista?
Non la seguo molto però credo che ci siano dei buoni prodotti ma estremamente difficili da portare a termine. Da quando si inizia a pensare una serie sino alla produzione c’è un percorso sin troppo tortuoso. Immagina un tronco al contrario: sono i rami che dall’esterno vengono a contaminare questo tronco.
Volendo sintetizzare?
C’è troppa gente che mette bocca.
Romanzo Criminale non è finito troppo presto?
Assolutamente si. Se fosse stata una serie straniera, ne avrebbero fatte 10 stagioni. Si poteva fare almeno un’altra serie ma è anche vero che è molto bello chiudere una cosa quando è al top. Per questo condivido la scelta, anche se avrei preferito che si fossero fatti due episodi in più, 12 anzichè 10 come nella prima serie. Drammaturgicamente è una perplessità che ho avuto sin dall’inizio, leggendo le prime sceneggiature; secondo me c’è stato un voler chiudere tutto all’improvviso quando si poteva respirare ancora quell’aria di morte, di sofferenza con dei tempi molto diversi.
Hai interpretato spesso l’uomo di legge, un ruolo da cattivo (alla De Silva o il Libanese) come lo vedresti?
Lo vedrei bene perchè il cattivo è già in partenza un carattere forte. E per forte non intendo vincente: non trovo un fascino particolare nell’interpretare il vincente; mi appassiona molto anche la sofferenza, la malinconia e la voglia di rivalsa del perdente. L’importante però è interpretare un carattere; un personaggio che abbia un percorso ben preciso.
Quale personaggio ti sarebbe piaciuto interpretare nella cinematografia italiana?
Pasqualino settebellezze. Un film di Lina Wertmuller del 1976, interpretato da Giancarlo Giannini. E’ un film proprio nero, grottesco, sopra le righe ma in maniera brillante. C’è un tipo di recitazione che mi piace molto: in generale tra teatro e cinema c’è una differenza pazzesca; in questo caso, invece, c’era la possibilità di recitare al cinema con l’approccio con il quale reciti in teatro, potendo puntare così su dolore, movimento, sguardo, amore…
A proposito di amore, complimenti per la scena hot dell’ultima puntata di Squadra Antimafia; sembravi particolarmente coinvolto… (ridiamo, ndDM).
La risposta e tante altre domande, domani su DM.
1. tot_ ha scritto:
9 giugno 2011 alle 11:59