Puntata tutta a stelle strisce per l’appuntamento settimanale della nostra rubrica sulla storia del Grande Fratello.Il Big Brother negli Usa ha infatti ben undici edizioni all’attivo con continui cambiamenti di dinamiche ma sempre la stessa presentatrice, Julie Chen, e più di 130 partecipanti in totale, impegnati nella conquista del premio, fissato in 500 mila dollari in ogni edizione.
Un tratto distintivo del broadcasting di tale format negli Usa è il minor potere attribuito all’audience popolare e la maggiore possibilità per i concorrenti stessi di infuenzare il gioco: è questo il senso di meccanismi, quali il potere di veto, assegnato a uno dei concorrenti, attraverso gare interne, per contrastare la forza assoluta del leader della casa (Head of Houseold), a cui spetta invece di scegliere i due eliminabili dai compagni. Persino la decretazione del vincitore è sottratta al pubblico ed è affidata alla cosiddetta Giuria dei sette, di cui fanno parte proprio gli ultimi sette eliminati dalla casa prima della finale, i quali, segregati in un luogo appartato, le cui vicende quotidiane non sono trasmesse, visionano solo alcune parti della vita della casa che riguardano più che altro le strategie interne e assegnano a maggioranza il megapremio finale.
Anche il live è meno democratico che altrove, essendo sottoposto a rigido controllo: la produzione infatti si riserva di trasmettere agli abbonati al servizio streaming solo alcuni degli avvenimenti nella casa evitando che le questioni più piccanti e controverse siano bruciate, in termini di ascolti, prima dello speciale in prime time dove si concentrano invece i fatti più interessanti. L’avventura nella casa è contraddistinta però da continua competizione: prove di abilità fisica e intellettuale sono richieste per determinare i ruoli di potere, le porzioni di cibo, ma anche i premi luxury (i privilegi che si possono ottenere vanno dalla visione di un film, alla vasca idromassaggio, alla stanza dei comfort, alla possibilità di leggere alcune notizie dai giornali).