14
gennaio

NAPOLITANO LASCIA: LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA NEI NOVE MESSAGGI DI FINE ANNO, TRA CRISI ECONOMICA, APPELLI E TANTA RETORICA

Giorgio Napolitano (Ansa)

Giorgio Napolitano (Ansa)

Il primo Presidente ad essere rieletto, l’unico a vantare una longevità al Colle di quasi un decennio. Giorgio Napolitano passa il testimone dopo aver collezionato record, polemiche e ben nove messaggi di fine anno. Il presidente della Repubblica ha firmato pochi minuti fa la lettera di dimissioni che sarà a breve consegnata dal segretario generale Donato Marra ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio.

Coesione, lavoro, giovani e soprattutto crisi economica. Questi i temi maggiormente affrontati, spesso con un discreto tocco di retorica, dall’inquilino del Quirinale nei discorsi del 31 dicembre.

Nominato il 10 maggio 2006 al quarto scrutinio, grazie ai soli voti del centrosinistra, nel monologo d’esordio di 18 minuti l’ex deputato comunista si limita a fissare i paletti del suo mandato:

“Mi sono stati già affidati nel passato delicati incarichi nelle istituzioni italiane ed europee. Sto ora verificando quanto sia più complessa e impegnativa la responsabilità che la nostra Costituzione attribuisce al Capo dello Stato. Interpretare ed esprimere, con passione civile e con assoluta imparzialità, sentimenti e valori condivisi, esigenze e bisogni che riflettono l’interesse generale del Paese. E guardare sempre all’unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare”.

E’ un Napolitano ottimista che si rivolge ad un’Italia non entusiasta, ma comunque ringalluzzita da un Mondiale di calcio vinto cinque mesi prima.

“L’Italia non è ferma – esulta il Presidente – ha già ripreso a crescere, col contributo determinante di imprenditori che hanno imboccato la strada dell’innovazione e del rischio del mercato globale; e insieme di tecnici e lavoratori qualificati e aperti al cambiamento, consapevoli che è il momento di premiare il merito. L’occupazione è in aumento. Ma c’è da creare ancora lavoro per molti giovani e donne, specialmente nel Sud: lavoro alla luce del sole e pienamente riconosciuto nei suoi diritti”.

2007 – Lo stato d’animo non muta a distanza di dodici mesi, in un messaggio della durata di 15 minuti.

“Ho visto, dal sud al nord, aspetti eloquenti dell’Italia che vuole crescere, divenire più moderna e più giusta, e che sa come per non perdere terreno in Europa e nel mondo debba vincere competizioni e sfide difficili. Ho colto, nelle situazioni più diverse, anche se non dovunque nella stessa misura, segni concreti di dinamismo e di capacità innovativa, prendendo visione di realizzazioni e progetti audaci. Mi si è presentata in questa luce la realtà dell’economia, delle imprese e del lavoro produttivo; e la realtà di istituzioni indubbiamente vitali”. La fresca strage alla Tyssenkrup di Torino sprona il Presidente a condannare le morti bianche: “L’insufficiente tutela della vita sul lavoro è stato e rimane un mio assillo”.

2008 – Il discorso del 31 dicembre 2008 segna uno spartiacque. “Appena” 14 minuti per constatare però i timori per una crisi finanziaria “che sta colpendo l’intera economia mondiale”.

“Dobbiamo guardare in faccia ai pericoli cui è esposta la società italiana – dichiara Napolitano – senza sottovalutarne la gravità, ma senza lasciarcene impaurire. L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa. Sono convinto che possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali della crisi mondiale per l’Italia, e creare anzi le premesse di un migliore futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui disponiamo. A condizione che non esitiamo ad affrontare decisamente le debolezze del nostro sistema, le insufficienze e i problemi che ci portiamo dietro da troppo tempo. L’occupazione in Italia è, da diversi anni, cresciuta. Adesso è a rischio. Mi sento perciò vicino ai lavoratori che temono per la sorte delle loro aziende e che potranno tutt’al più contare sulla Cassa Integrazione, così come ai giovani precari che vedono con allarme avvicinarsi la scadenza dei loro contratti, temendo di restare privi di ogni tutela. Sono comunque troppe le persone e le famiglie che stanno male, e bisogna evitare che l’anno prossimo siano ancora di più o stiano ancora peggio”.

2009 – Non immagina (o forse sì) che diventerà un refrain negli anni a seguire. Nel 2009 (apparizione di 19 minuti), Napolitano analizza con preoccupazione la caduta della produzione e dei consumi:

“Si è fatto non poco per salvaguardare il capitale umano, per mantenere al lavoro forze preziose anche nelle aziende in difficoltà, e si è allargata la rete delle misure di protezione e di sostegno; ma hanno pagato, in centinaia di migliaia, i lavoratori a tempo determinato i cui contratti non sono stati rinnovati e le cui tutele sono rimaste deboli o inesistenti; e indubbia è oggi la tendenza a un aumento della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile”.

Sulle riforme, il Capo dello Stato si concentra sul tema della Giustizia caro all’allora esecutivo guidato da Berlusconi:

“Pure queste riforme non possono essere ancora tenute in sospeso, perché da esse dipende un più efficace funzionamento dello Stato al servizio dei cittadini e dello sviluppo del paese. Esse dunque non sono seconde alle riforme economiche e sociali e non possono essere bloccate da un clima di sospetto tra le forze politiche, e da opposte pregiudiziali. La Costituzione può essere modificata, secondo le procedure che essa stessa prevede. L’essenziale è che siano sempre garantiti equilibri fondamentali tra governo e Parlamento, tra potere esecutivo, potere legislativo e istituzioni di garanzia, e che ci siano regole in cui debbano riconoscersi gli schieramenti sia di governo sia di opposizione”.

2010 – Nel 2010 (19 minuti) stessa musica, col solito auspicio rivolto alle nuove generazioni:

“Si investa sui giovani, si scommetta sui giovani, vengano chiamati a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Che questa sia la strada giusta ho potuto verificarlo in tante occasioni”.

2011 – Assai atteso e delicato è il discorso di fine 2011. Azzannato dallo spread, Berlusconi era stato costretto a mollare e Napolitano aveva incoronato il governo dei tecnici capitanato da Mario Monti. In 20 minuti vengono sottolineati gli sforzi dell’Italia in ambito di risanamento finanziario:

“Si apprezzino le dimostrazioni che il nostro Paese ha dato e si appresta a dare, pagando prezzi non lievi, della sua adesione a principi di stabilità finanziaria e di disciplina di bilancio, nonché del suo impegno per riforme strutturali volte a suscitare una più libera e intensa crescita economica. Abbiamo solo da procedere nel cammino intrapreso. In questo senso sta svolgendo il suo mandato il governo Monti, la cui nascita ha costituito il punto d’arrivo di una travagliata crisi politica di cui Berlusconi, poco più di un mese fa, ha preso responsabilmente atto. Si è allora largamente convenuto che il far seguire precipitosamente, all’apertura della crisi di governo, uno scioglimento anticipato delle Camere e il conseguente scontro elettorale, avrebbe rappresentato un azzardo pesante dal punto di vista dell’interesse generale del Paese. Di qui è venuto quel largo sostegno in Parlamento al momento della fiducia al governo, con una scelta di cui va dato merito a forze già di maggioranza e già di opposizione. E’ importante ora che l’Italia possa contare su una fase di stabilità e di serenità politica”.

2012 – Il messaggio del 2012, cronometro alla mano, è quello più corposo: 22 minuti. E non è un caso, visto che almeno sulla carta va in onda il commiato del Presidente.

“Ponte decisivo tra sviluppo economico e avanzamento civile è la valorizzazione, in tutti i suoi aspetti della risorsa cultura di cui è ricca l’Italia. E’ stato un tema su cui mi sono costantemente speso. Apprezzo i buoni propositi che ora si manifestano a questo riguardo, ma non dimentico le sordità e le difficoltà in cui mi sono imbattuto in questi anni a tutti i livelli”. Omaggia quindi “il capitale umano di cui disponiamo” fatto soprattutto di ricercatori “che hanno dato prove straordinarie in centri di ricerca europei come il Cern di Ginevra o l’Estec dell’Aja o, con scarsi mezzi e molte difficoltà burocratiche, in Istituti di ricerca nazionali”.

2013 – Nel 2013, anno della sua turbolenta rielezione, Napolitano opta per toni duri e drammatici:

“L’anno che sta per ter­mi­nare è stato tra i più pesanti e inquieti che l’Italia ha vis­suto da quando è diven­tata Repub­blica. Tra i più pesanti sul piano sociale, tra i più inquieti sul piano poli­tico e isti­tu­zio­nale”.

Il Capo dello Stato rompe gli schemi e legge alcune lettere a lui indirizzate. Si sofferma su un imprenditore marchigiano che ha perso la fabbrica, su un quarantenne lombardo troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per lavorare, sulla denuncia di un torinese in merito alla condizione degli esodati. “Resterò Presidente fino a quando le forze me lo consentiranno”.

2014 – Avviso che è l’anteprima dell’ultimo messaggio (di 21 minuti) del 2014:

“Sto per lasciare le mie funzioni, rassegnando le dimissioni”, sancisce un Napolitano visibilmente affaticato. “Desidero dirvi subito che a ciò mi spinge l’avere negli ultimi tempi toccato con mano come l’età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali. A quanti si augurano che continui nel mio impegno, come largamente richiestomi nell’aprile 2013, dico semplicemente che ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono”.

Un congedo seguito da oltre 10 milioni di spettatori, divisi tra Rai, Mediaset e La7, in risalita rispetto al 2013 e al 2012, quando gli italiani sintonizzati furono 9 milioni 981 mila e 9 milioni 702 mila.



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