La televisione, come è noto, fin dal suo esordio, ha avuto subito un impatto fortissimo sui telespettatori, sulla gente e nondimeno sulla società tutta. Un impatto a tratti positivo e mirato all’evoluzione e per altri versi devastante, capace nel lungo termine di creare dei veri e propri “mostri”.
Mostri o forse sarebbe meglio dire disturbatori che di quest’attività nel tempo hanno fatto una professione, raggiungendo una sorta di popolarità che ha permesso loro di entrare nel mito o nel massacrante meccanismo del gioco dello sberleffo.
Personaggi pittoreschi, fuori di ogni canone, di quelli che si possono trovare nei vicoli delle nostre città , nella vita di tutti i giorni, negli incontri casuali, in una sfumatura, in una storia non sempre edificante o piacevole da ascoltare ma comunque, in qualche maniera, istruttiva.
Una storia come quella di Mario Appignani in arte Cavallo Pazzo che ben prima di Gabriele Paolini e soprattutto in maniera decisamente diversa, ha dato il via allo strano “lavoro” del disturbatore, che oggi nelle più svariate (e talvolta legittimate) declinazioni accompagna ogni nostra giornata televisiva.
In particolare Cavallo Pazzo ha raggiunto l’apice del “successo” grazie al Festival di Sanremo del 1992. Al grido di “questo Festival è truccato”, Appignagni ha interrotto la kermesse poco dopo il suo inizio, sostenendo per l’appunto che la gara fosse stata manipolata dagli organizzatori e tutto questo sotto gli occhi di un incredulo e ancora disincantato Pippo Baudo.
E non è finita qui, perchè Appignani ha continuato la sua battaglia contro presunte scorrettezze, facendo numerose incursioni in programmi Rai e Mediaset: Festivalbar, Azzurro senza dimenticare il Tg1 e trasmissioni purtroppo registrate, che non hanno permesso al nostro di andare in onda. E ancora a manifestazioni come il Festival di Venezia ma anche negli stadi, con esiti spesso terribili da un punto di vista giudiziario.
Scopri che fine ha fatto Cavallo Pazzo e GUARDA IL VIDEOÂ :
Un “uomo contro” impossibile da fermare che in realtà aveva già dimostrato ampiamente la sua indole in tempi ben lontani da quella piazzata sanremese, che di fatto lo ha portato alla celebrità .
Ad esempio attraverso una banda da lui guidata, Gli Indiani Metropolitani, che negli anni 70 ha spopolato nella Roma politica, assuefatta dalla politica e in forte stato di tensione a causa di contestazioni più blande tipiche di quel periodo.
Disordini ma soprattutto molto divertimento per questa banda metropolitana. Slogan mirati al raggiungimento di obiettivi assurdi, come l’abolizione dell’Altare della Patria, che però hanno trovato il riscontro del popolo per la simpatia con la quale venivano poste. Non più Potere Proletario ma Potere Dromedario e ancora Rendiamo più chiare le Botteghe Oscure: coloriamole di giallo. Il nonplusultra del nonsense ed il trionfo.
Perchè Cavallo Pazzo credeva profondamente nella sua Cultura Sballata come amava definirla lui. Perchè il suo credo nascondeva dei valori ma anche molta sofferenza.
La sofferenza di un’infanzia vissuta in un befrotrofio, le violenze subite da quella Pagliuca poi arrestata proprio per sadismo nei confronti dei bambini orfani, l’abuso di droge ed infine rapporti omosessuali con alti prelati. In piena libertà o forse condizionati dal dolore.
Di tutto questo e molto altro Cavallo Pazzo ha parlato nella sua autobiografia, Un ragazzo all’inferno, libro fortemente promosso da Marco Pannella, che ne ha curato la prefazione ed oggi purtroppo introvabile.
E così ha trascorso la sua vita tra dolore, piccole rivincite, lotte continue quasi mai vinte per un mondo diverso, privo di riformatori per esempio, una realtà parallela nella quale era possibile leggere tutta la poesia di un alieno di nome Mario Appignani, molto più sensibile, molto più autentico di quanto si potesse immaginare.
E con quello stesso spirito Mario Appignagni si è spento nel 1996, a causa di un cancro. E con lui Cavallo Pazzo, senza sapere, probabilmente, che quel suo spirito apparentemente così chiassoso ma in realtà tanto delicato, una traccia l’avrebbe lasciata anche al di là dei riflettori.
[Per il video si ringrazia AS Roma Ultras]Â
Nel 2001 è uscita la biografia di Cavallo Pazzo, curata da Marco Elfer ed intitolata “La gara è truccata” – Cavallo Pazzo – Il guastatore
1. sanjai ha scritto:
6 dicembre 2007 alle 19:13