Il sessantunesimo Festival della canzone italiana si apre con la suggestione del fanciullino. Sanremo comincia con la principessina Maelle che guarda coi suoi occhi la magia di questo grande evento che, come poche cose in Italia, riesce a unire, seppure nella grande e variegata platea di opinioni. Un’edizione che sembra cogliere dalla precedente l’ottima scelta della semplicità. La prima puntata ha un buonissimo ritmo: le esibizioni sono concentrate, i tempi sono giusti, le vallette più belle ed eleganti di quanto già ci aspettassimo, le spalle comiche come un motore diesel, dopo qualche minuto iniziale di panico, alla lunga carburano a meraviglia. A mezzanotte c’è già la busta col verdetto delle prime due eliminate.
Morandi rimandato. Luca e Paolo, Eli e Belen superano sicuramente la prima difficilissima prova e si muovono con gusto tra gli incantevoli e infiniti mondi che le suggestive scenografie metamorfiche dell’ottimo Gaetano Castelli disegnano di minuto in minuto. Per nulla convincente è invece il conduttore principe, un Gianni Morandi troppo poco brillante, inamidato nelle convenzioni di quei festival che seguiva nei bar delle colline dell’amena Monghidoro del tempo che fu. I lunghi discorsi tremendamente autoreferenziali lo fanno sembrare un uomo fuori dal presente rispetto alla bella ed effervescente gioventù che lo affianca. Buona l’idea di tenere alta la suspence sulle pulzelle e lo spirito di squadra ma Sanremo non è Grazie a tutti, bisogna essere creativi, non celebrativi.
Le canzoni. Il primo ascolto spesso inganna ma l’impressione è che Morandi almeno nella scelta abbia avuto un coraggio che non si vedeva da tempo. Persino la Tatangelo lascia la canzonetta tentando invano un restyling rock. Al Bano non canta il Figliol prodigo evangelico ma si dedica alla prostituzione. Gli arrangiamenti sono più ricercati, ci sono protagonisti più sofisticati e si sfiorano quasi tutti i generi musicali. Ottima la scelta di portare sul palco artisti di nicchia come La Crus e Van Der Sfroos insieme a grandissime icone trasgressive come Oxa e Pravo, senza chiudere gli occhi alle nuove belle prospettive e al rinnovamento timbrico di Marrone, Giannitrapani e Ferreri. Una bella panoramica sulla ricchezza musicale del nostro paese spesso avvilita da melodismo piatto.