Un nome, una garanzia. Michele Mirabella è uno dei personaggi televisivi più apprezzati dal grande pubblico, soprattutto per il garbo e la serietà che ne contraddistinguono lo stile di conduzione. Nella sua lunga carriera è stato regista, professore universitario, attore, ma i più lo ricordano come divulgatore capace di affrontare in tv i temi della medicina con un linguaggio accessibile a tutti. Da domenica prossima, 13 maggio, e per tutta l’estate, lo troveremo in access prime time su Rai3 alla guida di Pronto Elisir, la trasmissione su salute e benessere che aprirà un filo diretto tra telespettatori e medici specialisti.
Elisir va in onda ormai da 16 anni. Come è riuscito il format a durare così a lungo?
Perché è una realtà del servizio pubblico e c’è una specie di fisiologia: anche i telegiornali durano da quando c’è la televisione. Ci sono dei programmi e delle idee che ormai diventano un tutt’uno con il mezzo che le esprime. E il nostro motivo di orgoglio è che abbiamo interpretato il sentire diffuso del pubblico, che dalla televisione vuole informazione, semplicità divulgativa e doverosa documentazione.
I telespettatori sono ancora interessati alla divulgazione scientifica?
Sempre di più, credo. Perché l’educazione del pubblico è un aspetto importante. C’è un certo genere di trasmissioni che creano un gusto: il problema è creare un buon gusto e non permettere ai cattivi mercanti di entrare nel tempio. Con il nostro programma abbiamo intercettato un bisogno dei telespettatori, che abbiamo educato ad un gusto e trasformato in interlocutori. Quando tu fai il Grande Fratello per forza commetti un’azione deprimente sul gusto e diseduchi i tuoi interlocutori, che diventano così una semplice clientela.
Quindi continuerete a parlare di molecole, patologie e interventi chirurgici in prima serata…
Detto così sembra un trucco, una furberia. Ma non è proprio così: noi parliamo di salute, di benessere, di un corretto rapporto scientifico tra la società e la malattia. Poi, nel racconto di tutto questo, ci imbattiamo anche nell’intervento chirurgico, nell’analisi, nelle diagnosi, nelle indagini molecolari, nei farmaci… Ma non c’è per niente il gusto sadomaso di andare a vedere cosa succede in sala operatoria, perché noi ce ne siamo sempre tenuti lontani.
Come è cambiato il programma nell’epoca della concorrenza tra digitale e satellite, con il conseguente aumento dell’offerta?
Noi non ci barrichiamo nella tradizione. Chi ha seguito con qualche attenzione Elisir per sedici anni sa che ci siamo mossi assecondando il cambiamento del pubblico, per esempio rilevando che esso è sempre meglio informato perché esiste una maggior consapevolezza dei propri diritti e si fa più attenzione agli stili di vita. Abbiamo cercato di capire questi mutamenti progressivi e incessanti e di orientarli. Quindi la trasmissione è cambiata: abbiamo abolito la partecipazione di ospiti che potevano essere un condimento mondano, abbiamo tolto il giochino, prestiamo più attenzione alle nuove terapie, alle ricerche scientifiche, cerchiamo i centri d’eccellenza… E’ una questione di metodo.
Il suo percorso di studi è stato segnato da un episodio curioso: pare che inizialmente lei si fosse iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza e che poi la visione di una bella ragazza bionda le abbia fatto preferire Lettere. E’ così?
Sì, ma questo è un episodio di cui mi lasciai sfuggire il racconto e ormai non c’è verso: colpisce la fantasia di tutti. Effettivamente dovevo frequentare Giurisprudenza (ma non ero contento di farla, mi iscrissi per accontentare mio padre) e la scusa per cambiare mi fu fornita dal passaggio casuale di una bella e angelica figliola, che seguii nelle movenze e scoprii essere iscritta alla Facoltà di Lettere. Entrò in un’aula ed io feci altrettanto, dopodiché mi sono dimenticato di lei ascoltando una lezione su Machiavelli che mi piacque molto di più. Così sono rimasto a Lettere, dove ho intrapreso gli studi umanistici che poi sono stati la chiave principale per fare teatro, la mia vera passione.
A proposito di teatro: dopo aver portato in scena Brecht, Shakespeare e Goldoni – solo per citarne alcuni – come è arrivato a recitare nel film comico ‘Fantozzi subisce ancora’?
Ho recitato in tanti film e ho interpretato i personaggi che mi hanno offerto e che mi piacevano. Siccome bisogna campare nella vita ho accettato anche dei ruoli comici. Insomma, ho fatto il bel mestiere del palcoscenico e del set.
Oggi un personaggio televisivo può anche essere un uomo di cultura?
Mi piacerebbe che le due cose coincidessero, ma non sempre è così. Conosco tante persone che vanno in televisione e che leggono, studiano, si preparano e fanno un lavoro eccellente. Ma guarda caso quelli che fanno molta tv sono pure ignoranti (ride, ndr). Per cultura non intendo la conoscenza da bibliofilo o da laureato, ma piuttosto un’attenzione, una vivacità di ingegno, una curiosità verso il mondo.
Ma è vero che lei possiede una biblioteca con seimila volumi?
Sì, crescono ogni giorno che passa e quasi non c’è più spazio. Adesso sulla mia scrivania ci sono un libro dei fratelli Goncourt e Itaca scritto da Eva Cantarella, che è un’intellettuale raffinata e mi piace molto. Vi consiglio di leggerla.
Lei ha dichiarato che “ci salverà il senso del ridicolo” e mi pare una considerazione attualissima, anche rispetto al panorama televisivo. Non crede?
Certo. Se noi ascoltiamo l’allarme che ci viene dal senso del ridicolo riusciamo ad evitare degli errori catastrofici. Nella Francia del ‘700 la colpa peggiore per una persona era essere ridicola, non umoristica o comica. E credo che per un soggetto ridicolo si debba anche avere pietà perché non è bello infierire. Nella tv di oggi c’è molta gente che non si accorge di essere ridicola e quasi considera questa condizione come una marcia in più.
In un suo libro ha paragonato la televisione ad uno specchio… oggi quale immagine riflette il piccolo schermo?
Il problema è che noi imitiamo la tv e non viceversa. Rincorriamo l’immagine che lo schermo propone e cerchiamo di adeguarci a quello che consideriamo uno stile di vita e un modello. Oggi le informazioni circolano molto più che in passato e nessuno può ignorarle, quindi la televisione non è più uno specchio ma un magnifico telescopio. Non dobbiamo assomigliare alla tv, ma considerarla come una finestra sul mondo, come dice una vecchia definizione.
Dopo anni che conduce Elisir, quali sono i consigli per una vita sana che si sente di dare ai nostri lettori?
Camminare moltissimo, mangiare poco, fare sesso appena possibile ma non con voracità bulimica. Fare sport, vivere con moderazione, non eccedere con l’alcol, evitare di fumare se possibile. I fanatismi e le esasperazioni fanno molto male alla salute… Ma anche alle idee.
1. Annamaria ha scritto:
8 maggio 2012 alle 18:06