C’è l’ha fatta! A dispetto di tanti, troppi, insopportabili e spocchiosi fustigatori dei fuoriusciti da televisivi talent show, Marco Carta, cagliaritano classe 1985, è il vincitore della 59^ edizione del Festival della canzone italiana.
A meno di un anno, dunque, dal suo trionfo nella scuola di Amici, Marco “pulcino spaurito” Carta, torna, di fronte alla sua mamma televisiva, (Maria De Filippi), a sollevare lo scettro del vincitore. Un Festival che si è assunto, ab inizio, l’ambiziosa missione di celebrare, promuovere e santificare l’eccellenza italiana, avrebbe, forse, coerentemente dovuto avere un epilogo diverso (leggasi vittoria di Francesco “the voice” Renga, o trionfo di una superlativa Patty Pravo, stasera, intensa, struggente più che mai), ma è pur vero che ben peggiore pericolo abbiamo corso poche ore fa. Un liberatorio sospiro di sollievo ha, infatti, accompagnato la proclamazione della vittoria di Marco Carta, dopo che per circa un’ora, da quando, cioè, avevamo appreso sgomenti la terna finale (oltre a Marco Carta, per l’appunto, Povia e Sal Da Vinci) avevamo sudato freddo all’idea che la vittoria potesse arridere a chi meno, fra tutti, la meritasse.
Dopo aver avuto l’incontenibile tentazione di richiedere un’immediata prova etilometrica per i televotanti che, forse, in preda a trenini e sfrenate danze carnevalesche, debbono aver espresso le proprie preferenze per la maschera più riuscita (come si può, però, anche in questo caso, ignorare Maria De Filippi vestita da Nonna Papera o Alexia da mini wurstel?) il nostro pensiero è, però, subito corso alla sciagurata eventualità che a vincere fosse chi dopo “l’ode del piccione” ha avuto il cattivo gusto di proporre “l’invettiva contro il pentito ricchione”. Pericolo scampato. Un Festival, perfetto sotto ogni punto di vista, rischiava, infatti, di sbandare all’ultima curva, regalando ulteriore immeritata visibilità a chi, attraverso una mirabile operazione commerciale, ne ha guadagnata fin troppa (chapeau agli Afterhours che si sono appuntati un triangolo rosa al petto).
Una serata, quella da poco conclusasi, che, procedendo a ritmo serrato, già alle 00.30 è giunta alla proclamazione del vincitore. Ancora una volta, la snellezza e il dinamismo del programma vanno attribuiti all’intraprendenza e all’intelligenza del presentatore che, anche stasera, non si è certo risparmiato (sgombera lo studio, canta, presenta, intervista e intrattiene). Afflitta dalla celeberrima fobia della scalinata dell’Ariston, per la quale sperava fosse stato previsto, quest’anno, un comodo corrimano, nostra signora della televisione italiana, Maria De Filippi, che gioca alla valletta timida e ingessata, riceve il suo battesimo in Rai e incassa, con l’ennesima convincente performance, una solida e meritata nomination al Festival prossimo venturo.
Vincent Cassel, intervistato da Bonolis, guadagna i favori dei telespettatori con il suo fare schietto, disponibile e del tutto privo di intollerabili smanie divistiche, tanto da far risultare difficile credere che egli divida il talamo nuziale con una tale Bellucci Monica da Città di Castello, ops, scusate, da Parigi. La palma dell’esibizione più emozionante va, invece, a Annie Lennox, per la quale la standing ovation alla fine di una mirabile inedita esecuzione di Why (solo voce e pianoforte) appare, persino, riduttiva considerata l’insuperabile lezione di musica offertaci.
Un’ultima battuta per Bonolis che, ricevuto in dote un Festival agonizzante, cui molti, sadicamente, speravano di poter staccare la spina, condannandolo a una precoce dipartita, ha saputo, invece, con paterna premura, prendersi cura di quella creatura ormai quasi sessantenne, regalandogli vigore, speranza e, soprattutto, la prospettiva di una nuova florida giovinezza.
[Foto | Infophoto via Corriere.it]
1. Giorgio ha scritto:
22 febbraio 2009 alle 06:14