Uomini violenti come bestie e donne umiliate nel corpo, talvolta fino alla morte. Il racconto di Amore criminale ti lascia con l’amaro in bocca e ti inquieta, perché rompe un silenzio assordante di cui i media sono spesso complici: quello sugli abusi che ogni giorno avvengono tra le mura domestiche. Nessuno ne parla, almeno finché non ci scappa il morto. Il programma di Rai3, condotto da Luisa Ranieri, ha il merito di accendere i riflettori su queste storie, con il rispetto e la delicatezza dovuti.
La trasmissione, tornata ieri in prima serata per un ciclo di sei nuove puntate, si lascia infatti apprezzare per un approccio riguardoso alle vicende trattate, che non scivola mai nel sensazionalismo tanto caro ad altri spazi d’attualità. Ogni appuntamento è dedicato al ricordo di una donna uccisa, la cui storia è ricostruita con una docu-fiction attenta alla cronaca più che alla teatralità o alla resa televisiva. A completare la narrazione, le testimonianze delle persone più vicine alla vittima, degli avvocati o dei magistrati che si impegnano a restituire giustizia a chi ha perso la vita o la dignità.
Tra le storie portate alla luce ieri sera, quella struggente di Teresa, una “madre coraggio” morta nel settembre del 2010 per amore: aveva denunciato gli abusi sessuali subiti da sua figlia. Su Rai3, la vicenda è stata affrontata con pudore, lasciando che fossero i fatti a parlare nella loro brutalità. In questo senso, il contributo essenziale offerto in punta di piedi da Luisa Ranieri è parso coerente allo stile narrativo del programma: una scelta, questa, apprezzabile ma forse più adatta ad una seconda serata che al prime time del venerdì e alle esigenze del suo pubblico.
Le storie di violenza riportate da Amore Criminale hanno tinte forti, ma per raccontarle il programma sceglie toni soffusi, a cominciare dalle luci chiaroscurali dello studio. Si tratta di una decisione ben precisa, che sembra volersi distanziare dalla recente tendenza a documentare la cronaca con immagini “shock” e testimonianze “esclusive”.
Del resto, il programma di Rai3 non parla di incidenti probatori e di autopsie in corso, ma anzi si svincola volutamente dalla stretta attualità. L’effetto è sorprendente: a differenza di certi spazi che ci hanno ormai assuefatti con il loro voyeurismo macabro, la trasmissione riesce a scuotere il telespettatore e forse anche a sensibilizzarlo: certi amori criminali difficilmente ti lasciano indifferente.
1. Giuseppe ha scritto:
10 novembre 2012 alle 11:26