E’ la sorpresa di questa edizione. Sarà che Otelma, il divino, ha il suo ’santo’ in Paradiso ma per gli autori e i montatori di questa Isola dei Famosi è proprio una manna dal cielo. Con i suoi cinque riti quotidiani catartici e le sue canzoni in sanscrito, il mago è veramente uno spasso, una calamita di spettacolarità naturale.
Rossano Rubicondi, sicuramente il più vispo tra gli eletti, confessa il suo debole per l’estroso collega, un vero e proprio riempitivo di silenzi quando la quotidiana caccia per la sopravvivenza lascia il vuoto del silenzio o, peggio ancora, lo spazio a Guendalina Tavassi per bofonchiare le sue teorie astratte sugli ufo, sulla vita, sulla popolarità, manco fosse una vera famosa.
Chi sembra già non poterne più è invece Apicella, infastidito da questo continuo ricorso a riti di purificazione e propiziazione. Sarà anche quella scaramanzia tipica dei partenopei, scattata dopo che l’invocazione al dio pluvio ha solo ottenuto l’effetto opposto a quello previsto. Bonaccia doveva essere, ma tempesta fu; segno che i poteri del mago sono da calibrare? Gli altri sembrano quasi divertiti nonostante Otelma li costringa a levataccie e scimmiottature varie.
Da antologia televisiva il racconto del divino che pontifica sulla sua discografia (o, come dice il vate Otelma alludendo al dio compagno, la Loro discografia). Il binomio di anime che regnano nelle carni del conoscitore di arcani smutandato è così indissolubile da autorizzarci a dire che all’Isola quest’anno c’è anche un Dio. Tra gli inni sacri in lingue astruse antiche e i confessionali in bandana, che nemmeno il Berlusca dei tempi migliori della Sardegna festaiola, il re della Playa degli Eletti è praticamente lui.
Una scelta di casting ottimale: eloquente ed eclatante, divertente e ’spirituale’, una magnifica incarnazione dell’essenza più vera della trasmissione, marchio nato e cresciuto sul filo dell’esistenzialismo e della parodia, sull’equilibrismo tra narrazione antropologica e commedia umana.
Il volto dell’arcano e dell’eccentrico prestato all’Isola proprio nell’edizione più dichiaratamente consapevole dell’impossibilità di narrare drammi ludici della fame non potendo più l’intrattenimento permettersi di evocare problemi di gioco a fronte dei travagli veri della realtà.
1. Simone ha scritto:
1 febbraio 2012 alle 16:44