Recensione



4
giugno

LE IENE: BILANCIO DI FINE ANNO

Pio e Amedeo

Pio e Amedeo

I vestiti di Ilary Blasi, amati e criticati, meriterebbero un pezzo tutto per loro. L’incastro nella conduzione di quest’ultima con Teo Mammucari, non brillantissimo ma forse per questo adatto al contesto più degli ultimi conduttori, pure. Perché è facile parlare di un programma come Le Iene, soffermandosi sulle inchieste e sui servizi che in oltre quattro mesi sono stati presentati al grande pubblico la domenica sera, meno facile è trovare quel quid in più che ha donato, come ogni anno, nuova vita al programma, ricandidandolo per una nuova edizione.

Ma torniamo ai conduttori: la scorsa edizione la giostra di nomi che ha affiancato l’inossidabile Ilary ha fatto venire il mal di mare anche agli affezionatissimi. Un’edizione di passaggio, quella del 2012, in cui non è stato semplice trovare i degni eredi di Luca e Paolo, alla guida del programma sin dai tempi di Alessia Marcuzzi e affiancati, successivamente, prima alla Chiabotto e poi alla Blasi, diventata lei stessa punto fermo del programma, anche dopo la rottura della produzione con i due.

E allora Argentero, Brignano, Gassman, Pippo Baudo e Claudio Amendola, per finire a Brignano e per passare diversi mesi dopo ad un’edizione certamente vincente con Mammucari e la Gialappa’s Band da terza spalla. Un’edizione fortunata nella forma e nella sostanza che ha portato avanti le solite interviste (anche se meno doppie del solito), e molti servizi destinati a rimanere impressi nella mente di chi li ha realizzati e seguiti.

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31
maggio

THE VOICE: LA NOIOSA RIPETITIVITÀ DI UN FORMAT STRUTTURATO MALE MA DAL GRANDE POTENZIALE

The Voice of Italy

The Voice of Italy

Ci si può sempre dire che i numeri di The Voice parlano chiaro. E noi, che un po’ ce ne intendiamo, proprio dai numeri vogliamo partire. Ecco allora che, anche solo ad uno sguardo veloce, ciò che salta immediatamente all’occhio è il  preoccupante dato calante dei live show. Bisogna prendere atto che, nonostante la concorrenza decisamente meno spietata rispetto alle due fasi di casting registrati, la fase clou del nuovo talent di Rai2 ha subìto una curiosa battuta d’arresto, in controtendenza rispetto a quanto ci si sarebbe naturalmente aspettato.

La questione, però, trova presto risposta: The Voice è un format strutturato male, che da noi si è pure dovuto subìre il classico adattamento “all’italiana” per coprire prima e seconda serata e l’intero periodo di garanzia. Ma se questo fosse l’unico problema, a Rai2 sarebbero già a cavallo. Preoccupa invece che il talent soffra della ripetitività del meccanismo, che ha giovato senza dubbio durante le Blind Auditions, ma ha danneggiato non poco nella fase più importante, quella dei Live Show, in cui ci hanno semplicemente catapultato a (ri)seguire in loop quanto già visto nelle fasi precedenti, vestito a festa con tanto di giacca e cravatta.

Ecco che viene a galla quella perenne sensazione di assistere ad un casting senza fine, non essendoci alcuna sfida tra i troppi concorrenti dello stesso team, tagliati fuori a manetta ad ogni puntata, né men che meno tra gli stessi team, ritrovatisi uno contro l’altro solo in occasione della finalissima. E così pure quell’interessante alchimia nata tra i coach nelle audizioni al buio è stata buttata all’orticaria: se, oltre alla scelta – magari apprezzabile ma spesso inutilmente forzata – di eliminare qualsivoglia possibilità di esprimere una critica, non viene fornita ai coach la facoltà di cambiare le carte in tavola (sin dalle Battle ognuno guarda il suo orticello) è inevitabile che il programma perda vertiginosamente interesse.

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30
maggio

BEAUTY AND THE BEAST: IL MISTO FRITTO NON FUNZIONA

Beauty and the Beast

Beauty and the Beast

La domanda che ci siamo posti è: ma era proprio necessario? L’idea di riadattare La Bella e la Bestia poteva anche essere interessante, ma portarla sul piccolo schermo come procedurale con punte di fantasy forse non si è rivelata la scelta più azzeccata. E pensare che il progetto è stato fortemente voluto dal neo Presidente di theCW che appena insediatosi ha dato via al remake in salsa moderna della famosa fiaba, più nota nelle vesti di cartoon grazie alla mano della Disney.

Nel frullare gli ingredienti però, qualcosa deve essere andato storto. Il fatto è che Beauty and the Beast ha una sceneggiatura veramente poco credibile, con la nuova Bella, Catherine Chandler interpretata da Kristin Kreuk, e la Bestia Vincent Keller, interpretato invece da Jay Ryan, che decidono di darsi manforte e aiutarsi vicendevolmente nel giro di pochi incontri, nonostante la strana creatura con cui la detective protagonista si ritrova di punto in bianco ad interagire. Non c’è l’introspezione dei singoli personaggi, che per giunta faticano a trovare un senso all’interno della storyline, non permettendo allo spettatore di immedesimarsi e affezionarsi. E così anche la storia d’amore, subito sbocciata manco fosse un Harmony qualsiasi, risulta del tutto fuori contesto. E pensare che proprio a theCW sono dei maestri nel calcare certe tematiche, come ampiamente dimostrato da serie come Gossip Girl, One Tree Hill e The Vampire Diaries.

Non c’è quindi da meravigliarsi se Beauty and the Beast non ha convinto il pubblico oltreoceano: da una parte non strizza l’occhio come dovrebbe ai teen, complice la sceneggiatura un po’ troppo sbrodolata, dall’altra fatica a convincere il pubblico più adulto, che invece è abituato a storie decisamente più coerenti e studiate.





28
maggio

BRAT CAMP: MANCA IL RACCONTO, MA C’E’ TANTA VOGLIA DI TRASH

Brat Camp

Brat Camp

Brat Camp, una missione difficile, affrontata con molta superficialità: aiutare otto ragazzi “particolari“, quattro maschi e quattro femmine. Il tutto sotto l’occhio vigile della telecamera del nuovo docu-reality partito ieri sera su Italia 2.

Anthony, Marco, Carmine e Nicolò appartengono alla categoria dei “belli e dannati”, mentre Roberta e Annamaria (l’una un po’ maschiaccio, l’altra dalla chioma rosso fuoco) si candidano ad essere le “femmine alternative” del gruppo, insieme a Valentina e Alexa. Ognuno ha una storia complessa: un padre mancato troppo presto o un amico scomparso. Dalla sindrome di Peter Pan all’elogio del nullafacente, a Brat Camp ci si ritrova – più o meno senza accorgersene – a contatto con la natura delle valli bergamasche.

Si presuppone che deprivare questi ragazzi dei loro oggetti e tenerli occupati in attività alternative e sane possa aiutarli a migliorare la propria vita. Abbandonare o insistere? Essere o non essere? E’ questo il dilemma, ma qui Shakepeare non parla e, al suo posto, assistiamo a vite solitarie e a disperati disagi. Anche quelli del programma e degli autori. Il reality conta i giorni che i protagonisti passano nel campo, ma del tempo “interiore” e di suspense non c’è traccia.

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14
maggio

BYE BYE CINDERELLA: COSI’ FAN TUTTE TRA SURREALISMO POP E INSERZIONISMO PUBBLICITARIO

Simona Borioni

L’operazione di marketing è riuscita? Lo facciamo decidere a voi, se da domani – dopo aver visto la prima sit-com con il product placement di una nota marca di chewing gum – deciderete di assalire supermarket e rivenditori, alla ricerca della freschezza del palato! Ieri sera, in Bye Bye Cinderella su La5, abbiamo visto il mondo delle donne, raccontate con alcuni sketch parodia tra realtà, surrealismo pop ed inserzionismo pubblicitario.

I prodotti commerciali hanno avuto le dovute inquadrature per i fini pensati, ma non si può dire che abbiano monopolizzato la sit-com, sottraendo spazio ai ritratti divertenti e irriverenti delle donne moderne al centro della serie. Nulla che non avessimo già visto in Così Fan Tutte, ma rispetto ai simpatici teatrini di Alessia Marcuzzi e Debora Villa oltre ad essere scritta meglio è persino più ricca di situationi comiche, pur non potendo contare sul cast vip dell’antesignana.

Surrealismo paradossale e di compagnia che prende forma nel rappresentare donne sadiche nel trattare i mariti come zerbini, ma anche ossessionate dall’organizzazione delle vite altrui. Compare anche il comico/presentatore Omar Fantini nei panni del marito-calciatore di ritorno a casa, costretto a fare i conti con le manie di sua moglie prima di entrare in bagno per fare una doccia.

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6
maggio

CELI MIO MARITO: UN POSTO BUIO…PRIMA DI UN POSTO AL SOLE!

Celi mio marito

Rapida e indolore la prima puntata di Celi mio marito, nuovo programma di Rai 3 con Lia Celi visibilmente emozionata…con le mani più sudate di Maria De Filippi alla prima puntata di Amici, quand’era ancora un talk show di ragazzi! Chi si aspettava il ritmo della diretta ha visto, piuttosto, tanta confusione ed enormi discontinuità nel racconto del programma, che attorno a Twitter ha saputo costruire ben poco, limitandosi a leggere in diretta qualche cinguettio.

Il tema è stato il tradimento ma anche il lavoro. Si inizia parlando di Ilaria che confessa di essere stata prima a cena e poi a casa di un ragazzo e che, qualche attimo dopo, si è ritrovata al campanello la sua ex. La ragazza, collegata con Lia Celi, chiede aiuto sul come comportarsi, se andare da quella ragazza e dirle, in parole (davvero) povere, che il suo fidanzato è uno stron*o. Una sorta di posta del cuore, sì ma degna di un blog di periferia, dalla grafica picassiana! Tutto ci aspettavamo fuorché il tono moraleggiante di un programma che ha dispensato consigli (utili?) ad una ragazza qualunque che, poi, in fin dei conti, non aveva così tanto da raccontare.

Nello spazio dedicato al lavoro viene mandato un servizio con 5 pillole su come si sentano gli esodati, riflettendo e facendo (o tentando di fare?) satira sull’attuale situazione politica ed economica con la solita classifica vista e rivista. Al di là del format, la conduzione – quasi radiofonica e “ossessionata” dalla scaletta del programma -  non regge per niente il moccolo alle storie che si vogliono raccontare, allo spunto su cui si vuole riflettere, lasciando spazio a disorientamento a casa come in studio! Non è che Lia Celi sia apparsa immediatamente simpatica, ma nemmeno fastidiosa in video, come altri sanno ben fare. Un terrazzo di chiacchiere, che atterra su Rai 3 dalle 20.10 alle 20.30 dando la linea poco dopo ad Un Posto al Sole. Una scenografia statica e, per quanto tendenzialmente familiare, poco giustificata.

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5
maggio

ROSSO SAN VALENTINO – IL RINNOVATO SUCCESSO DEL MELÒ

Rosso San Valentino

Rosso San Valentino

Il pubblico è sovrano e ha sempre ragione, perché è il cliente. Ma certe volte a capirlo si fa fatica: a dispetto delle continue critiche che muove alla tv italiana, rea di non sperimentare e di proporre sempre la solita solfa, ci ritroviamo una fiction come Rosso San Valentino che raggiunge il 20% di share e nella sfida del martedì surclassa Benvenuti a Tavola 2, che come prodotto è sicuramente più sperimentale ed attuale.

Potrebbe trattarsi di un bisogno atavico, quello del ritorno alle origini: bisogno di certezze, di emozioni forti, bisogno di perdersi in un raccolto completamente fuori dalla realtà per distaccarsi da quella precaria che ci circonda. In questo senso Rosso San Valentino è costruito perfettamente e ricicla in sé alcuni dei generi di maggior successo nazionalpopolare.

I fotoromanzi, innanzitutto, con le loro copertine patinate: in questa fiction sono tutti belli, per niente simili ai vicini di casa che incrociamo ogni giorno. Le favole, poi: è un racconto dai contorni netti, senza sfumature, dove i buoni sono proprio buonissimi e i cattivi sono irrecuperabili. E le telenovele brasiliane: la protagonista, angelo del focolare, è bersagliata e presa di mira tanto da venir rinchiusa in carcere ingiustamente. Giusto per dirne una.

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3
maggio

THE VOICE: UN’AVVENTURA (QUASI) DANTESCA

Elhaida Dani

Stasera ho fatto un sogno. Un sogno dove il buon vecchio Fabio Troiano, di rosso vestito, recitava terzine dal sapore vagamente familiare; dove quattro giudici decidevano il destino dei propri discepoli a mo’ di Minosse e dove uno studio televisivo assumeva le sembianze delle cornici e dei cerchi della Commedia dantesca. Proprio così, La Divina Commedia di The Voice of Italy. Sarà per l’aria persa e stranita del conduttore, sarà per la “provvida sventura” dei coach o per la tenuta da boscaiola in erba della Di Domenico, ma quel sogno, esattamente come il Verbo recitato in Cenerentola e in Pretty Woman, ha finito col prendere vita e tramutarsi in realtà.

L’attore, prestato alla conduzione quand’era ancora nelle fasce del teatro e del cinema, nel mezzo del cammin di sua vita, si ritrova in una “selva oscura”, abitata da creature mitologiche circondate da quell’alone di onnipotenza misto a un feeling più palpitante di quello fra Antonio Banderas e la piumata Rosita: parliamo di Cocciante il Ricciolone, Pelù il Solforoso, Carrà la Borchiata e Noemi la Temporeggiatrice. A contorno del loro imperturbabile regno, i gorgheggi e i volteggi di giovani anime con un sogno: quello di diventare la nuova Voce del panorama musicale italiano. A decidere del loro destino i quattro giudici, accompagnati dalla più meschina e imprevedibile delle fiere: il Conte Televoto, colpevole, fra le altre cose, di non aver risparmiato Giuliana Danzè e la sua gonna da Regina di Cuori. Spaventato dalle luci psichedeliche del palco e dallo spigoloso pizzetto di Piero Pelù, il giovane Dante – Troiano incontra, finalmente, la sua Beatrice, pronta a intercedere per lui con “i quattro dell’Empireo”, ma ancor di più con l’indomabile popolo di Twitter cinguettante di battute e sentenze. Ella porta il nome di Carolina Di Domenico e, difesa dall’Anti-Purgatorio Web Room, accoglie le anime prima e dopo il superamento del temuto “cerchio” sito al centro della “selva”: quello degli “Esibizionisti”.

Ed è proprio in quel cerchio che le anime cantanti dovranno espiare ore e ore in sala prove ed estenuanti sacrifici pur di accedere al livello successivo, non prima però di aver convinto i temuti “profeti della musica” e il Conte Televoto. D’altra parte, quei monumenti canori, magnanimi e gioviali, hanno creduto in loro fin dall’inizio; li hanno scelti fra un Limbo di aspiranti talenti; li hanno cresciuti amorevolmente fino a farli scontrare l’un con l’altro e, ora,  sono pronti a premiare i più degni e ricoprirli di gloria e followers. Per i perdenti di questa avvincente sfida? Il Maleborge più recondito, l’anonimato più incombente, la visione obbligata del nastro registrato della lite Elia-Yespica all’Isola dei famosi e del remix della “caina” Arisa contro la Sora Ventura.

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