Recensione



23
aprile

LE TRE ROSE APPASSITE DI EVA

Le Tre Rose di Eva 3 - Ruggero Camerana

Cento minuti a puntata, dei quali circa la metà fatta di silenzi: gesti, sguardi, sospiri, sospetti, fenomeni paranormali, paure, per le quali non ci sono parole, e scene interminabili. Che servissero almeno a tenere gli occhi dei telespettatori incollati allo schermo, avrebbero un senso! Ma la verità è che la terza stagione de Le Tre Rose di Eva, di cui venerdì prossimo andrà in onda la sesta puntata su Canale 5 (qui le anticipazioni), è di una noia mortale. E lo spettatore si fa cullare da quel silenzio, sì, ma fino ad addormentarsi.

Le Tre Rose di Eva 3: lunghi silenzi e troppo paranormale

Lo dicono i dati auditel, in netto calo rispetto alla passata annata televisiva, durante la quale le avventure misteriose di Villalba spiccarono. Certo, accadde anche ‘grazie’ alle altre proposte Mediaset che lasciavano a desiderare, ma comunque le ripetizioni e i tempi morti che hanno caratterizzato già la seconda stagione sono stati perdonati sul finale, dove almeno l’ingarbuglio della trama è stato dipanato per bene.

Ma stavolta? Anche quando ci avranno fornito spiegazioni logiche sul fatto che le pareti di Pietrarossa trasudino sangue e che un’aspirante suora abbia en passant un orgasmo durante la preghiera comune, difficilmente questo basterà a far rifiorire il roseto, ormai calpestato dagli impietosi meccanismi della tv.

Le Tre Rose di Eva 3: personaggi sempre uguali a se stessi

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22
aprile

1992: NON C’E’ PEGGIOR NEMICO DI TE STESSO

Stefano Accorsi e Miriam Leone

1992 è stata un azzardo. Se le opulente produzioni messe in piedi da Sky sinora andavano quasi tutte a collocarsi nel solco di una tradizione ben collaudata, apportando innovazioni su impianti già sperimentati e conosciuti, con il period drama targato Accorsi ci si veste da pionieri, assolvendo il compito primario di una pay tv. Mission dei canali a pagamento è, infatti, offrire qualcosa che difficilmente sarebbe ospitato altrove, soddisfare con pienezza delle nicchie proponendo prodotti che non riuscirebbero a trovare il consenso mainstream.

Tuttavia quando si osa, l’inciampo è dietro l’angolo. 1992 è nemica di se stessa: il tentativo, a tratti suggestivo, di raccontare la storia moderna del nostro Paese spesso deve arrendersi a personaggi “forzati”, necessari forse per far “digerire” una storia complicata ai più ma che tolgono consistenza alla trama. Stefano Accorsi, nei panni di Leonardo Notte, assurge al ruolo di spietato ed eccessivo deus ex machina mentre il gentil sesso, rappresentato da Veronica (Miriam Leone) e Bibi (Tea Falco), è in preda a comportamenti non-sense.

I personaggi che più hanno a che fare con Tangentopoli, il poliziotto buono interpretato da Domenico Diele e la Falco – ormai la Manuela Arcuri dei radical chic -, sono quelli, in fin dei conti, più noiosi e di cui avremmo paradossalmente fatto anche a meno. L’utilizzo ricorrente delle scene di sesso come espressione di crudo realismo, invece, è ormai -nel 2015- superato, lasciando indifferenti i telespettatori più avvezzi della serialità straniera, perplessi gli altri.

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22
aprile

LA STRADA DEI MIRACOLI: SAFIRIA LECCESE PORTA IN PRIME TIME LA SPIRITUALITA’ POP

Safiria Leccese

La Strada dei Miracoli è interessante da percorrere, anche da parte di chi è poco avvezzo a santini e preghiere. Miracolo, direte. E invece no: stavolta il fenomeno (televisivo) è facilmente spiegabile. Il programma di Rete4 condotto da Safiria Leccese attraversa infatti il vasto territorio della spiritualità con un approccio popolare fatto di testimonianze, ricostruzioni e immagini che attirano il pubblico, anche solo per curiosità. La fede irrompe in prima serata e i suoi prodigi diventano oggetto di dibattito: un format intelligente, proposto in un momento in cui – grazie anche a Papa Francesco – la religione è d’attualità.

La Strada dei Miracoli: santi, esorcismi e sensitivi

Non è certo un caso che nei primi appuntamenti il programma abbia dedicato spazio proprio alla figura del Papa, anche nella sua veste di ‘esorcista’. In studio, una Safiria Leccese molto professionale, adatta al ruolo. Ieri sera, la giornalista ha riservato il giusto approccio agli argomenti portanti della puntata: i miracoli di Padre Pio ed il mistero della Sacra Sindone (quest’ultimo, purtroppo, relegato dopo la mezzanotte). Decisamente meno riuscita – per non dire evitabile – l’ospitata del sensitivo Craig Warwick, già noto come aspirante concorrente del Grande Fratello, che in studio ha improvvisato un dialogo con gli angeli suscitando parecchie perplessità tra i presenti e facendo trasalire don Davide Banzato. Ma che c’entrava il visionario tra santi e miracoli accertati?

La Strada dei Miracoli: Pippo Franco racconta Padre Pio

Interessante, invece, la scelta del programma di avvalersi di ricostruzioni a grandezza naturale e di comparse (ora vestite da guardie svizzere, ora da centurioni) per approfondire i temi affrontati. Nell’ambito di un programma con sfumature marcatamente pop, tale aspetto fa il paio con la scelta di convocare tra gli ospiti anche Alba Parietti e Luca Giurato, oppure di ingaggiare Pippo Franco come inviato d’eccezione sui luoghi di Padre Pio.





24
marzo

UN’ISOLA DEL CAZZO

Isola dei Famosi 2015 - Rocco Siffredi e Rachida

Isola dei Famosi 2015 - Rocco Siffredi e Rachida

Mediaset e Magnolia stiano tranquille. Il titolo non vuol essere una critica sintetica dell’Isola dei Famosi 2015; è piuttosto un riferimento alla fallocentricità che ha tenuto banco soprattutto nelle prime puntate del reality: una sagra del doppio senso quasi scontata se inviti a concorrere Rocco Siffredi, che non è (quasi) mai scaduta nella volgarità, ma correva più realistiscamente il rischio di trasformarsi presto in stucchevolezza.

Rischio scongiurato nonostante un debole cast di semifamosi (ah, la spending review!) che ha offerto pochi spunti per accendere lo show e quei pochi che ha fornito sono stati smorzati sul nascere, come in un Grande Fratello qualsiasi. Il vero ‘problema’ della decima edizione, infatti, è senza ombra di dubbio la conduzione. Ci si ostina a voler affidare ad Alessia Marcuzzi programmi articolati come i reality show senza tenere a mente le peculiarità del suo stile ed andando, giocoforza, a mortificarne la professionalità. Il risultato è uno studio che, anzichè sviscerare le dinamiche del ‘gioco’ e diventare il centro del racconto e del ‘raccordo’ tra realtà e reality, è degradato ad un asettico contenitore nel quale limitarsi a riassumere le vicende settimanali.

Dovevano esserne ben consapevoli i vertici del Biscione che hanno ritenuto opportuno affiancare ad Alessia non uno ma ben due compagni di viaggio dal piglio decisamente differente da quello della padrona di casa, idonei a sostenerla e a portare un po’ di brio che altrimenti sarebbe mancato. Una scelta, questa, più che opportuna ma che, evidentemente, toglie forza alla conduttrice. Non a caso l’Isola si è accesa grazie alle ‘performance’ di Mara Venier che nella premiere, in un sol colpo, togliendo le scarpe durante la discesa delle scale in apertura di puntata, ha spazzato via in un attimo qualunque altro protagonista le fosse accanto. La vera vincitrice è sicuramente lei.

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24
febbraio

BALLANDO SUL GHIACCIO CI SI SCHIANTA

Notti sul Ghiaccio

Che Notti sul Ghiaccio non fosse destinato ad infiammare gli ascolti era scontato. Rispolverato da Giancarlo Leone – che sembra aver una passione smisurata e ingiustificata per i celebrity talent – ad otto anni da una seconda edizione che aveva già avuto qualche problemino, il programma si è trovato a debuttare contro un avversario fortissimo: C’è Posta per Te, reso ancor più vigoroso da ospiti eccezionali e dal fatto di essere in onda già da diverse settimane.

Notti sul Ghiaccio 2015 e lo spettro di Ballando con le stelle

Tuttavia il 15.09% di share, cavalcando prima e seconda serata, è un risultato difficilmente giustificabile. Se, però, il direttore di Rai1 desiderava – come dichiarato in conferenza stampa – uno spettacolo che facesse gli ascolti che merita ha centrato l’obiettivo: 3 milioni di spettatori sono quelli che Notti sul Ghiaccio merita. O meglio, il programma in sè potrebbe essere anche valido, ma i risultati insufficienti sembrano la giusta punizione al diabolico perseverare di Rai1.

Milly Carlucci e il suo team autorale hanno riproposto lo stesso (o quasi) schema di Ballando con le stelle. Ma se otto anni fa, quando il talent danzante era in forma smagliante, tale scelta poteva avere un senso, oggi – dopo la perdita di smalto del format targato BBC – è puro autolesionismo.

Notti sul Ghiaccio 2015: si salva solo la giuria

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11
febbraio

FESTIVAL DI SANREMO 2015: CARLO CONTI DA’ RITMO ALLA PRIMA, LE VALLETTE NON LASCIANO IL SEGNO

Carlo Conti, Rocio, Festival di Sanremo 2015 (Ansa)

I Conti tornano e gli ascolti pure. Tutto è andato come doveva andare: come da copione. La prima puntata del Festival di Sanremo 2015 ha portato sugli schermi degli italiani uno show all’insegna della musica e dell’intrattenimento, secondo lo stile popolare e garbato del conduttore che ha richiamato davanti alla tv 11,8 milioni di persone (49,34% di share). Complice anche l’emozione per la serata d’esordio, il buon Carlo Conti si è mantenuto in perfetto equilibrio sulle disposizioni della scaletta e soprattutto ha lasciato spazio alle sette note, sin da subito. Il “ritorno alle origini”, ossia il ritrovato primato della musica, quest’anno ha riportato la kermesse ad un’essenzialità gradevole e ritmata, ma priva di veri e propri colpi di scena.

Forse stasera, con Charlize Theron e Conchita Wurst ospiti (ma ci saranno anche Antonacci, Nibali e Pintus) vedremo qualche guizzo in più rispetto ad una première festivaliera in cui gli imprevisti ed i fuori programma – da sempre il sale di Sanremo – sono stati i grandi assenti. Ieri l’unico sussulto l’ha procurato Alessandro Siani, il quale ha fatto il suo ingresso all’Ariston deridendo un bambino corpulento accomodato nelle prime file e ironizzando sull’aspetto di alcuni strumentisti. Come si poteva capire dal tenore di quelle battute, il comico napoletano non ha certo brillato per originalità ed estro. Le vallette Arisa ed Emma, sulle quali si concentravano gli obiettivi dei fotografi e le attese, hanno invece superato la prova ma al debutto non hanno lasciato il segno, se non nel coinvolgente duetto relegato a fine serata.

Di Rocio Munoz Morales per il momento possiamo solo apprezzare la disarmante avvenenza: al di là dei grandi sorrisi, l’attrice spagnola non ha infatti pronunciato interventi degni di nota pur mostrandosi spigliata. Stasera i suoi autori oseranno di più? Sicuramente promosse l’energica performance di Tiziano Ferro e l’attesa reunion tra Al Bano e Romina, avvenuta a 24 anni dalla loro ultima esibizione sanremese. D’accordo: la complicità tra due era quello che era (un po’ freddina, ma essi sono abituati al clima della grande madre Russia), però l’emozione di sentir intonare Felicità all’Ariston valeva il ‘prezzo’ del biglietto. L’esibizione è entrata di diritto nella storia della rassegna canora.


19
gennaio

FORTE FORTE FORTE: UN MIX DI DEJA VU PER COMPIACERE L’EGO DI RAFFAELLA CARRA’

Forte Forte Forte

Forte Forte Forte

Qualcuno dice che copiare da uno è plagio, copiare da molti è arte. Su questi presupposti, il talent di Raffaella Carrà dovrebbe essere l’apoteosi della creatività, ma di Forte Forte Forte (questo il titolo) sembra esserci solo l’ego smisurato della padrona di casa che ha messo in piedi uno show egoriferito, traendo ispirazione dalla precedente esperienza televisiva.

Perchè a Raffaella dev’esser piaciuto parecchio The Voice. Ma lo show di Rai 2, con ogni probabilità, non la appagava appieno; non la glorificava come icona della televisione che dagli alti ranghi dello spettacolo ’scendeva’ tra i comuni mortali per omaggiarli delle sue performance artistiche. Avrà, così, pensato di costruire insieme ai suoi sodali uno spettacolo a sua immagine e somiglianza in cui potesse essere la protagonista indiscussa, non oscurata da ingombranti colleghi-giudici che nella nuova avventura sembrano avere una mission ben chiara: compiacerla, senza nemmeno avere la possibilità di contrastarla verbalmente (Philipp Plein e Joaquìn Cortès parlano un italiano maccheronico; ad Asia Argento, invece, tocca suo malgrado il ruolo dell’”anticristo” per equilibrare, ma pur sempre nei limiti concessi, gli sbrodolamenti della collega).

Ma Raffaella ha fatto di più, si è guardata intorno: se l’ottima scenografia ricorda The Voice, la fotografia rievoca XFactor, la mission Amici vecchia maniera, il ‘tasto fortissimo’ il golden buzz di Italia’s Got Talent. E uno potrà obiettare: “beh, almeno i pulsanti della giuria sono stati sostituiti dallo swipe”. Ecco, lo swipe c’è già in Rising Star. Roba che se fosse stata messa una cucina per ristorare i concorrenti, avremmo avuto anche qualcosa di MasterChef.


14
gennaio

UN PASSO DAL CIELO 3: IL CARISMA DI TERENCE TIENE IN PIEDI IL GIOCO

Un Passo dal Cielo - Terence Hill

Un Passo dal Cielo - Terence Hill

Squadra vince non si cambia (o quasi). Questo il motto per la terza stagione di Un passo dal cielo, che serve la stessa ricetta già messa a punto negli anni precedenti, ma senza stancare. I bei paesaggi e le storie a metà tra il giallo e l’avventura riescono ancora a fare una straordinaria presa sul pubblico, con la complicità indispensabile del carisma di Terence Hill.

Un Passo dal Cielo 3: qualche new entry ma nessun cambiamento

La storia riprende proprio dove era finita la seconda stagione. La guardia forestale Pietro ha appena salvato Natasha dal brutto giro di prostituzione in cui era finita, ma ora a lei hanno rapito il figlioletto. Ecco quindi che si presenta una nuova impresa, legata come sempre anche alle indagini del commissario napoletano Nappi. Rispetto a Don Matteo, sempre più noioso e ripetitivo, Un passo dal cielo offre a Terence Hill la possibilità di essere più in sintonia con i personaggi del suo passato cinematografico: il suo Pietro è un uomo duro che, udite udite, nell’ultima puntata ha addirittura avuto un breve scontro con il cattivo di turno.

Enrico Ianniello (il vicequestore Nappi) è inoltre un ottimo coprotagonista, molto più svelto e pronto alla battuta dei vari comprimari che si sono avvicendati in Don Matteo, capace di reggere la scena anche da solo e interprete di molti duetti divertenti (come quello che apre la puntata, prima ancora della sigla) con il suo sottoposto Gianmarco Pozzoli. Poco importa se la sua storia risente (e risentirà) dell’abbandono di Gaia Bermani Amaral, sostituita dalla bella ma insignificante Rocio Munoz Morales (che ci ‘delizierà’ anche a Sanremo, info qui), perchè in fondo il suo scopo è quello di offrire una piacevole alternativa comedy alla drammatica trama principale.