Dal 2000 è cambiato il modo di fare televisione.
Con l’arrivo del Grande Fratello, i professionisti dello spettacolo hanno dovuto cedere il posto a chi, pur non avendo alcuna professionalità in ambito televisivo, è riuscito a calamitare l’attenzione del pubblico.
La gente comune, così viene definita, ha iniziato a diventare parte attiva del piccolo schermo dando vita ad un nuovo corso che, non ancora giunto ad un punto d’arrivo, fa si che la nostra televisione sia, ancora oggi, in un periodo di transizione.
Scoperte le potenzialità di questo nuovo trend, la tv italiana (così come quella degli altri paesi) è stata tutta un pullulare di people e reality show, diventati croce e delizia dei telespettatori nostrani.
Si poteva contare sull’impareggiabile effetto procurato dall’immedesimazione del “pubblico a casa” nelle storie portate in televisione dalla gente comune. Pubblico curioso, e al tempo stesso felicemente sadico, di vedere una parte di se stesso, forse la più intima e la più vera, in un mondo normalmente patinato come quello dello spettacolo.
Un modo per avvicinarsi e sentirsi parte di un ambiente ritenuto irraggiungile. Un modo per sentirsi più simile agli altri.
Pian piano, le lacrime hanno iniziato ad allagare i nostri tubi catodici, le risse da bar ad entrare nelle case degli italiani e le discussioni da pianerottolo a diventare discussioni da… piccolo schermo.
Grazie alla gente comune, dicono.
Se, però, può risultare agevole definire “gente comune” quella che affolla i people show in cui, grazie alla sapiente opera del conduttore, vengono portate a galla storie singolari e spesso recondite, riesce difficoltoso poter fare altrettanto quando si parla di reality show; programmi in cui il ruolo dei protagonisti diventa evidentemente più attivo a differenza di quello del conduttore che diventa spettatore anch’esso della realtà televisiva che presenta.