Zelig si è spento martedi sera lasciando un vuoto incolmabile. Il programma era anziano ma non malandato, anzi, godeva di ottima salute, ma i palinsesti si sa, vogliono così. Sì, perché le cose che funzionano in tv vanno tutelate, protette, quindi centellinate, ibernate per un po’ e poi riesumate. Vorrai mica investire su un’idea nuova?!
Anche questa volta, il vecchio Zelig ha fatto il suo dovere. Ha chiuso infatti con una media del 24,22% (6.062.000) ed un pubblico di un generalista che di più non si poteva: ci sono i maschi (24,75%) e le femmine (23,79%), ci sono i bambini, quelli in fasce, quelli in età prescolare, quelli da bullismo, e poi ci sono i ggiovani, (quelli che Eurisko chiama “i ragazzi evolutivi”) di tutte le fasce, dai 20 ai 50 anni, ci sono i ricchi e i poveri, i settentrionali e i meridionali (meno), i laureati e quelli col diploma. L’unica fascia che non cede al fascino del cabaret targato Gino e Michele sono le categorie che Eurisko chiama “i signori equilibrati” e “gli anziani da osteria”, insomma i soliti ultra 55enni, ma tanto a Mediaset quelli non interessano!
E’ così difficile parlar male di Zelig perché con tutto quello che passa in tv, almeno Zelig è innocuo, pulito, simpatico, e ben confezionato, come scriveva il collega Dorati, è “una macchina perfetta”. Eppure, a volte, quando lo guardo mi accorgo che sto invecchiando. Zelig, infatti, mi soddisfa sempre meno. I dati d’ascolto del resto mi confortano e confermano questo trend: le fasce di età più appassionate sono quelle dagli 8 ai 14 anni (35,87%) e quelle dai 15 ai 24 anni (35,99%); ma da lì in avanti si scende gradualmente: 25 – 34 enni al 34,33%, 35 – 44 enni al 32,09% e poi 45 – 54 enni al 28,61% e così via fino alla “fascia villa arzilla” degli ultra 65 enni all’11,67%