Dalla profezia dei Maya agli avvistamenti extraterrestri, passando per i cerchi nel grano e le orme dello Yeti. Non c’è mistero che Roberto Giacobbo non abbia indagato, accompagnando il pubblico di Rai2 alla scoperta di fenomeni intriganti e talvolta inspiegabili. Il suo programma, Voyager (in onda ogni lunedì alle 21.05) è ormai diventato un vero cult capace di suscitare “passione ed interesse”, anche quando non viene trasmesso. L’abbiamo intervistato, proprio alla vigilia del suo arrivo al Festival di Sanremo 2013 dove ha “proclamato” la canzone, che passa il turno, di Elio e le storie Tese.
Roberto, cosa si spiega il riscontro che ha Voyager?
Perché cerchiamo di capire quello che ancora deve essere scoperto, muovendoci su un terreno insidioso. Con impegno mettiamo a confronto le varie posizioni e proviamo a fare un’indagine corretta, così che alla fine ciascuno possa trarre le sue conclusioni. Non offriamo mai qualcosa di preconfezionato.
A cosa si riferisce il sottotitolo di questa 23esima edizione, “La nuova era”?
Ad un desiderio di innovazione. Dalla sua prima puntata, trasmessa nel 2003, Voyager è molto cambiato, così come è cambiato il linguaggio televisivo. Il nostro prodotto è nato per completare un’offerta, visto che in Rai mancava un programma di divulgazione che viaggiasse più sulle domande che sulle risposte.
Qualcuno, tuttavia, vi rimprovera una presunta mancanza di rigore scientifico…
Voyager non è un programma scientifico ma un magazine in cui si parla di storia, di scienza, di leggende… E non si può trovare la scientificità in una leggenda! D’altra parte, siamo molto rigorosi quando invece facciamo servizi di informazione scientifica. Le critiche che ci rivolgono rimangono sempre sul generico e spesso si fermano di fronte alla richiesta di esporre un esempio specifico.